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Salute

Tumore al seno, oltre mille donne operate in un anno. Il professor Donato Casella: "L'educazione sanitaria diventi materia scolastica". La prevenzione e il ruolo della Lilt di Siena

Il direttore della Chirurgia della Mammella delle Scotte: "Nel nostro percorso il 94% delle pazienti viene trattato entro un mese"

Giuseppe Silvestri

05 Aprile 2025, 15:01

Donato Casella

Il professor Donato Casella

Siena da sempre è in prima linea nella sfida alla neoplasia più diffusa tra le donne, il tumore al seno, ed ha puntualmente potuto contare su forze importanti, sia dal punto di vista umano che tecnologico. Negli ultimi anni è stato compiuto un ulteriore salto in avanti, con l’arrivo del professor Donato Casella alla direzione dell’Unità operativa complessa della Chirurgia Oncologica della Mammella. Il reparto è ormai un fiore all’occhiello dell’Aous. Basti pensare che nel corso del 2024 sono state 1.050 le donne sottoposte a intervento chirurgico, provenienti non solo da tutta la Toscana, ma anche da altre zone d’Italia. Una macchina perfetta, che opera con una velocità e una precisione straordinarie, sconosciute in altre aree del Paese.
Importante alleato è la Lilt di Siena presieduta da Gaia Tancredi, vera e propria eccellenza nella lotta al tumore al seno e presidio fondamentale per la diffusione della strategia della prevenzione, sia dal punto di vista culturale che fattivo.

“La collaborazione con la Lilt - spiega il professor Casella - è iniziata subito quando sono arrivato a Siena. Al di là di quello che è il ruolo del privato sociale nella moderna sanità, è importante valutare come è stato declinato lo stesso privato sociale in una realtà come quella senese. Storicamente la Lilt ha sempre avuto un ruolo importante nei percorsi di sorveglianza e di prevenzione oncologica, e forse anche più che in altre realtà. Partendo da questo presupposto, era imprescindibile una collaborazione organica fra l'Azienda ospedaliera universitaria e la Lilt. Devo dire che tutto ciò è stato favorito dalla perfetta sintonia che c'è fra i vertici aziendali attuali (il direttore generale Antonio Barretta, ndr) e quelli della Lilt (la presidente Gaia Tancredi, ndr). Sia l'azienda che la Lilt hanno capito il reale potenziale di questa collaborazione".


Da sinistra: Andrea Stella (senologo), Maria Francesca De Marco (direttrice sanitaria Aous), Antonio Barretta (dg Aous), Gaia Tancredi (presidente Lilt), Donato Casella (direttore Chirurgia mammella) e Valeria Nesi (case manager)

- Professore, questo rapporto è prezioso anche dal punto di vista della tempistica di intervento in caso di neoplasia al seno?

La collaborazione in termini di prevenzione fra Lilt e Azienda ha reso possibile migliorare i tempi di attesa, sia per la diagnostica che per il trattamento delle persone affette da carcinoma mammario.

- Dal momento della diagnosi quanto tempo trascorre prima dell’intervento chirurgico?

Nel nostro percorso il 94% delle pazienti con diagnosi di tumore della mammella viene trattato entro un mese. Il restante 6%, che vogliamo comunque recuperare, è composto da quelle pazienti cosiddette fragili che quindi hanno bisogno di percorsi un pochino più lunghi, sia dal punto di vista della pre-ospedalizzazione, che delle necessità assistenziali nel post operatorio.


Da sinistra: Luigi Gualtieri, direttore generale della Lilt; il senologo Andrea Stella e il professor Donato Casella, direttore della Chirurgia della Mammella delle Scotte

- L’obiettivo è aumentare ulteriormente i 1.050 interventi annui?

Avevamo bisogno di una casistica credibile per essere accreditati come centro di riferimento e hub dal punto di vista delle Breast Unit di area vasta e nel percorso della rete senologica toscana. Il nostro progetto ora non è aumentare il numero degli interventi con una finalità sterile, ma rendere omogenei i livelli di trattamento in tutta l'area vasta, mettendo al servizio degli altri Breast Unit tutto ciò che abbiamo messo a punto, sia come percorsi che come innovazioni tecnologiche.

- Nel corso degli anni sono stati compiuti passi avanti notevoli nella lotta al tumore della mammella. Qual è il confine? A suo avviso quando potremmo finalmente dire che la neoplasia al seno in tutti i casi si può sconfiggere?

Rispetto a 25 anni fa quello che abbiamo recuperato, al di là dei progressi negli approcci terapeutici e delle evoluzioni tecniche dal punto di vista chirurgico, è la prevenzione. La vera sfida, che è anche quella che dal punto di vista economico ci impegnerebbe meno, è partire da una vera e propria educazione sanitaria già nel corso delle scuole primarie. Cioè, insegnare ai bambini fin da piccoli l'educazione sanitaria. La prevenzione deve partire da lì. Ormai sappiamo che gli stili di vita rappresentano l'indicatore di rischio più alto per le patologie neoplastiche. Da questo punto di vista i progressi non li vedremo nella nostra generazione, ma tra 50 anni. Se però non cominciamo a farlo in maniera organica fin da adesso, non avremo mai questo step di miglioramento.

- Pensa che l’educazione sanitaria possa diventare una materia di insegnamento già alle elementari?

Sì, un'educazione fisica a 360 gradi intesa come cultura del benessere e la cultura del benessere parte da quella sanitaria. Fare prevenzione nelle scuole è l’unica strategia che ci potrebbe permettere di recuperare il gap che ormai è minimo, se pensiamo che il 90% delle pazienti affette da carcinoma mammario negli stadi iniziali, guarisce dalla patologia oncologica, ma con un notevole impegno dal punto di vista chirurgico e delle terapie. Con la prevenzione abbiamo recuperato tanto, ma quel 10% che ancora manca possiamo colmarlo soltanto con l’educazione sanitaria. E da questo punto di vista strutture come la Lilt possono essere davvero la chiave di volta per ottenere il risultato.

- Professore un’altra frontiera importante è quella della dermo-pigmentazione che aiuta la donna ad affrontare le conseguenze di un carcinoma dal punto di vista estetico e psicologico, in particolare quando è costretta a subire un intervento chirurgico invasivo.

La dermo-pigmentazione medicale può completare l’itinerario ricostruttivo sotto due aspetti. Primo ricostruire in toto o parzialmente, quando necessario, il complesso areola capezzolo che rappresenta un po' l'identità del seno di ogni donna. Secondo permette di effettuare camouflage cicatriziale, cioè minimizzare l'impatto cicatriziale esito dell'intervento chirurgico che è ciò che più impatta nella percezione dell’immagine corporea delle donne. Quindi migliorare l’identità del seno e nascondere al meglio la cicatrice: massimo risultato con investimento minimo. Questa tecnica è disponibile anche alla Lilt di Siena.


Il senologo Andrea Stella e il professor Donato Casella alla Lilt di Siena

- Secondo lei manca ancora la giusta percezione di quanto sia importante la collaborazione tra pubblico e privato per il futuro della sanità?

Attenzione, non tutti i privati e non tutti i pubblici sono equivalenti. E’ fondamentale valutare il modo in cui viene declinato e contestualizzato nel percorso territoriale. Torniamo al concetto espresso inizialmente. Conta qual è stato il ruolo della Lilt nel territorio senese nel corso degli anni, come è stata amministrata e quanto positivamente ha influito e influisce nel percorso della prevenzione oncologica. Aspetti che fanno la differenza.

- Ribadiamo il concetto della prevenzione. Cosa devono fare le donne?

Attenersi ai programmi di screening che sono molto pubblicizzati e ben diffusi nel territorio della Regione Toscana. E il messaggio deve partire dai medici di famiglia.

- Da questo punto di vista come è d’aiuto la Lilt?

Offrendo percorsi diagnostici a tutte quelle donne che sono al di fuori da tali programmi e che hanno un punto di riferimento molto ben identificabile e qualificato per tutte le problematiche cliniche.


Il senologo Andrea Stella, la presidente Lilt Gaia Tancredi e il neurochirurgo Sandro Carletti, direttore sanitario della Lilt di Siena

- Il tumore al seno resta il più diffuso nelle donne e continuiamo a leggere dati in crescita, anche perché proprio grazie agli screening se ne scoprono di più rispetto al passato.

Esatto. Il dato grezzo è che 8 donne su 100 nel corso della loro vita avranno incidenza di patologia neoplastica mammaria.

- Professore, sono cinque anni che è a Siena. E’ soddisfatto della sua esperienza?

Per cifra caratteriale non sono mai contento. Le cose da migliorare sono ancora tante non certo in termini tecnici ma di omogenizzazione di percorsi nell’area vasta. Il nostro obiettivo ora è rendere equo il trattamento qualunque sia il punto di ingresso della paziente nel servizio sanitario regionale e parlo come area vasta, la nostra area di incidenza. Ovunque tu viva, devi avere lo stesso trattamento rispetto ad altre pazienti. Non è più ammissibile avere un trattamento dipendente dalla possibilità di accesso che hai al servizio sanitario nazionale. La sfida è questa: rendere omogeneo il trattamento e quindi equo.

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