Siena
“E’ solo migliorando la nostra conoscenza dei rioni e delle contrade che possiamo continuare a difenderle e a dar loro motivo di esistere”. Lo scrive Alessandro Leoncini, storico archivista innamorato di storia patria, nella sua ultima fatica in campo editoriale: “I macelli e le conce del Piano di Fontebranda”. Un volume complesso, articolato, fortemente voluto dagli ocaioli che sanno bene come le antiche arti dei macellari, dei cuoiai, calzolai e lanaioli, si siano intrecciate nel tempo alla storia del rione e della contrada stessa. Al punto da commissionare a Leoncini questa ricerca paziente e certosina che alla fine è andata oltre ogni aspettativa, data la mole del materiale recuperato sfruttando varie forme di ricerca. Il volume è stato presentato alla vigilia del Natale nella sala delle vittorie della contrada di Fontebranda con grandi elogi da parte del governatore Claudio Laini, del vicario Anna Maria Beligni, degli storici dell’arte Giovanni Mazzini e Gianni Mazzoni e con l’intervento dello stesso autore.
Va premesso che il volume, frutto di enorme fatica e collaborazione da parte di molti soggetti, è stato fortemente voluto dalla Centenaria, commissione di solidarietà della Nobile contrada dell’Oca rappresentata da Anna Maria Beligni, Carla Neri, Giampiero Pacchierotti e Roberto Petreni. “Questo libro è per noi un atto d’amore verso la nostra contrada e verso quella parte di Siena che ne rappresenta la sostanza economica più autentica e vitale. Le pagine che seguono ci restituiscono con precisione quel mondo di sgrascini, pelatore e conciatori che per secoli hanno popolato vicoli e botteghe intorno alla Fonte. Figure umili e fiere, custodi di saperi antichi”. “Ma questo libro è anche un racconto di identità e di continuità. La contrada non è solo il luogo delle feste e del Palio ma è anche custode di una memoria di lavoro, solidarietà e cultura”.

Sfogliando le pagine del volume, riccamente impreziosito da immagini e documenti di archivio, si deduce in pratica che la classe operaia è nata proprio nel Piano di Fontebranda dove nello spazio di appena 3/400 metri, ovvero da Fontebranda alla fine del piazzale fuoriporta dove oggi si trova il parcheggio Santa Caterina, si sono accavallati episodi storici rilevanti e soprattutto le strutture necessarie a far fiorire ben quattro arti: macellari, lanaioli, cuoiai e calzolai, tutti legati ovviamente a due elementi fondamentali, il bestiame e l’acqua.
E come scrive più volte Leoncini, proprio qui è nato il primo sciopero senese o comunque la prima protesta di stampo corporativo nel 1899.

Si inizia a parlare di arte della lana nel 1262 utilizzando l’acqua della fonte del Vetrice ma solo quella dei trabocchi. Una lunga storia quella legata alla lana e soprattutto al piano del Vetrice (area posteggio) dove si trovavano delle piscine utilizzate per l’ultima sciacquatura dopodiché la lana veniva messa ad asciugare nei tiratoi per poi passare ai tintori e alla fine destinata alla tessitura. L’arte dei lanaioli inizia a decadere purtroppo dopo la fine della Repubblica e nel Settecento iniziò l’importazione dei panni di lana, il crollo pare fosse legato ala scarsità d’acqua necessaria in grande quantità per questo tipo di lavorazione. Vita più lunga ebbero invece l’arte dei cuoiai e dei cazolai che comprendeva anche i cerbolattai (specializzati nella lavorazione di pelli di cervidi) e che utilizzavano le stesse piscine.
Cuoiai e calzolari ovviamente prescindono da macellari e carnaioli che si sarebbero stabiliti nel piano di Fontebranda sin dal XIII secolo.
E fu proprio in Fontebranda che, nonostante gli “scorticatoi” esistessero in varie parti della città, la Magistratura di Balia nel 1463, per evitare che le carni fossero macellate all’aperto fra fango e polvere scelse il piano di Fontebranda per costruire un macello in muratura, e fu individuata questa area per la ricchezza d’acqua della sua fonte e l’assenza di case in modo da evitare potreste per il cattivo odore, proteste che sarebbero arrivate in abbondanza successivamente. Fra le varie mansioni, da citare anche quella dei ventricellai che si occupavano della vendita delle interiora, commercio da non sottovalutare.

Gli scorticatoi di Funtis Blandi rimasero proprietà della Magistratura di Balia per circa 30 anni, poi passarono alla Casa della Sapienza e infine alla comunità civica di Siena. E’ ipotizzabile che nella prima metà del XVIII secolo gli scannatoi di Fontebranda dessero lavoro a circa 150 persone. Nel piano del Vetrice dunque si trovavano le piscine, quattro vasche alimentate dall’acqua di Fontebranda utilizzate sia dai lanaioli che dai cuoiai. L’acqua arrivava qui tramite un dedalo di acquedotti sotterranei che alimentavano disparate attività. Il lavoro dei cuoiai iniziava con la sgrasciatura che coesisteva nell’asportazione della grascia sotto cute e da qui il ruolo dello sgrascino o strascino. Le pelli venivano tenute a bagno per 4 mesi con una miscela di mortella perché questa pianta conteneva tannino e il tannino contrastava la formazione di batteri e funghi. Dopo la vasca si passava all’asciugatura e alla essicazione. Nel pian del Vetrice si svolgeva anche la lavorazione dei maiali e quindi è facile supporre che una varietà di miasmi rendeva questa zona uno dei luoghi più malsani della città.
Dal volume di Leoncini si deduce anche che se è vero che sono nati prima i macelli della contrada dell’Oca è facile supporre che gli ocaioli siano legati alla fonte e ai macelli fin dall’inizio della vita della loro contrada. Infatti nel 1273 c’è traccia di un pagamento e Pietro Dellocha custode Fontis Brandi e questo soggetto potrebbe essere il capostipite di una famiglia che due secoli dopo avrebbe dato nome e stemma alla contrada dell’Oca, appunto.
Il mestiere nelle conce e nei macelli era duro e pesante e le persone che vi lavoravano erano facilmente rissose. Le liti erano all’ordine del giorno soprattutto fra gli scolari della sapienza e i lavoratori dei macelli e proprio per questo fu deciso di regolare le zuffe trasformandole nei giochi delle Pugna che si svolgevano in Piazza del Campo. Giochi fino ad un certo punto, perché esistono documenti che rilevano una certa violenza e brutalità esercitata dagli strascini in queste occasioni, come quella di Vincenzo Lorenzetti detto Gallinaccio che nel 1799 nel corso della rivolta del “Viva Maria” massacrò alcuni innocenti ebrei.
Le risse si sono susseguite nei secoli tanto che ormai è diventata patrimonio cittadino la storica rissa del 1902 quando una brutale zuffa fra due note famiglie di sgrascini, i Brizzi e i Tancredi, nata per futili motivi, finì con una aggressione alle spalle del Brizzi, da parte di Bernardino Tancredi, che con una mazza piombata gli sfondò la testa. Ma la capoccia dura di Alfredo Brizzi detto Dedo riuscì a resistere al colpo e se la cavò grazie all’intervento dei sanitari del Santa Maria della scala. Seguirà un articolato processo nella sala del Mappamondo di palazzo comunale. Sarà poi il podestà Bargagli Petrucci a porre fine a tanta rabbia, non senza difficoltà, con la formazione di una cooperativa dei macellai di Fontebranda.
“Ebbe così fine - scrive Leoncini - la secolare categoria dei rissosi, ovvero degli sgrascini di Fontebranda che non avevano mai avuto padroni e non furono mai dipendenti da nessuno”.
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