Siena
Tra i protagonisti della storia italiana, Giuseppe Garibaldi è senza dubbio tra i più celebrati. Monumenti, lapidi commemorative, targhe, e nomi di vie e piazze sono ovunque in Italia per ricordare il Padre della Patria. Se Camillo Benso conte di Cavour e Giuseppe Mazzini possono competere con lui per il numero di monumenti, Garibaldi detiene un primato indiscusso: è l'uomo per cui esiste il maggior numero di lapidi che commemorano i soggiorni, anche brevissimi, nelle più diverse città italiane. Siena non fa eccezione, e una delle testimonianze più affascinanti di questo legame è proprio la lapide che ricorda il soggiorno del Generale in via dei Termini presso l’Albergo dell’Aquila Nera.
Il soggiorno a Siena e la lapide commemorativa
La lapide in via dei Termini ricorda la permanenza del Generale a Siena l’11 agosto 1867; fu accompagnato dalla figlia Teresita e dal genero Stefano Canzio. La visita era stata sollecitata congiuntamente dalla Società Operaia e dalla Fratellanza Militare, due istituzioni senesi profondamente legate al movimento risorgimentale. Dopo varie discussioni su dove avrebbe dovuto alloggiare, Garibaldi decise di sua iniziativa di soggiornare all'Albergo dell’Aquila Nera, oggi situato al numero 29 di via Banchi di Sopra.

L’arrivo di Garibaldi fu accolto con grande entusiasmo dal popolo senese. Anche se non intervennero autorità locali, un corteo lo accompagnò fino all’albergo, dove la guardia d’onore lo attendeva. Affacciato alla finestra, Garibaldi pronunciò un discorso infuocato e patriottico: denunciò la Convenzione di settembre del 1864 che sanciva la presenza delle truppe francesi a Roma e invocò l’unità dell’Italia sotto una dinastia italiana. Il Generale ammonì la folla a non cercare vendetta, rispondendo a un grido di "morte ai preti!" con il suo celebre e civilissimo appello di "morte a nessuno".

Questo momento è immortalato nella lapide che, ancora oggi, si trova sulla facciata dell’edificio che ospitava l’albergo. L'iscrizione ricorda non solo la presenza di Garibaldi ma anche le sue parole appassionate e appassionanti: «O Roma viene all’Italia o l’Italia va a Roma», una frase simbolica del processo di unificazione nazionale. Nonostante questo aneddoto sia riportato in resoconti di altre visite garibaldine in diverse città d’Italia, l'impatto che ebbe a Siena rimane significativo.
L’amicizia con Giuseppe Baldini
Il legame di Garibaldi con Siena non si limitò alla sola permanenza presso l’Aquila Nera. Durante il soggiorno, il Generale fece visita a un caro amico e seguace, il colonnello Giuseppe Baldini, noto anche con il soprannome di "Ciaramella". Baldini, nato a Siena nel 1823, fu un fedelissimo di Garibaldi con il quale partecipò alla spedizione dei Mille e alla campagna dell’Agro Romano. La sua abitazione, al numero 19 di via dei Termini, è oggi segnata da una lapide che testimonia il suo valore e il suo impegno per l’Unità d’Italia. Descritto come "fido e valoroso seguace" di Garibaldi, Baldini morì in povertà a Roma nel 1893, dopo una vita dedicata alla causa risorgimentale.
Oltre a Baldini, il Generale incontrò altri personaggi locali di rilievo, come Baldovina Vestri, straordinaria donna senese che, dopo un matrimonio fallito, si dedicò completamente alla causa garibaldina, seguendo il suo eroe in diverse campagne militari e dimostrando raro coraggio e patriottismo.
Inoltre, il 15 agosto dal Casin de' Nobili assistette al Palio che venne anticipato di un giorno in suo onore. Vinse la Lupa con il fantino Mario Bernini detto Bachicche. A fine corsa, Bachicche, insieme ad altri rappresentanti della Contrada, recandosi a rendere omaggio a Garibaldi ricevette in dono una fotografia (tuttora visibile nella sala delle vittorie), sulla quale il Generale appose una dedica significativa: “A Mario Bernini, campione della Lupa vittoriosa, augurio della vittoria di Roma”.

La lapide senese che ricorda Giuseppe Garibaldi non è solo un pezzo di pietra scolpita, ma una concretizzazione solida della memoria storica di un uomo che contribuì in modo determinante all’unificazione dell’Italia. Siena, come molte altre città italiane, conserva con orgoglio il ricordo di quel giorno d’agosto del 1867, quando il Generale con il suo inconfondibile carisma, arringò il popolo per ribadire l’urgenza di un’Italia libera e unita.
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