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Siena

Basket, la storia di Balsa Jokic: "Non vedevo la pallacanestro nel mio futuro, e invece eccomi qua. Ora do alla Mens Sana la mia intensità difensiva"

Il lungo montenegrino, arrivato a Siena a stagione in corso, parla della sua carriera: "Da ragazzo è stata dura lasciare la casa e la famiglia. Adesso qui mi trovo benissimo, è un'ottima opportunità"

Matteo Tasso

20 Marzo 2025, 18:38

Balsa Jokic

Balsa Jokic

A tu per tu con Balsa Jokic, il figlio dei Balcani che sta spingendo la Mens Sana verso la permanenza in B Interregionale. Classe 2003, ala-forte di 200 cm di statura, arrivato dalle parti di viale Sclavo a gennaio, il cestista ha rimesso a posto la consistenza difensiva del team biancoverde allenato da Paolo Betti e aggiunto quella dimensione verticale (viaggia in doppia cifra nel computo dei rimbalzi e rifila quasi 4 stoppate di media per gara) che serviva alla Note di Siena per farsi largo dentro l’area colorata: “Entrare a far parte di una squadra a metà stagione non è mai facile – spiega Balsa (che però si pronuncia Balscia) in un italiano abbastanza fluente e corretto -, ci sono meccanismi già definiti che devi comprendere in fretta, così come il ruolo che ti viene richiesto di ricoprire dallo staff tecnico. Mi sto impegnando molto, credo fin qui di aver fatto abbastanza bene, ovviamente il lavoro prosegue perché bisogna sempre migliorarsi”.

Difesa, rimbalzi e stoppate sono il suo marchio di fabbrica, sta lavorando per crescere anche nell’altra metà campo?

“Quando mi è stata proposta Siena come destinazione, ho guardato con attenzione i video della squadra e ho notato subito che la Mens Sana non aveva grandi problemi nel fare canestro, ciò che invece mancava era un giocatore in grado di trascinarla dal punto di vista dell’intensità in difesa: sto provando a fare questo, nel roster non mancano compagni in grado di costruirsi il tiro e che hanno tanti punti nelle mani”.

Si riferisce anche all’ultimo innesto Nikola Ivanaj?

“Un grande piacere ritrovarlo qui a Siena. Ottimo giocatore e ragazzo, ci conosciamo dai tempi delle giovanili, fatte assieme a Varese: lui era con l’under 18, io con l’under 16, ma mi capitava di allenarmi e giocare anche con i più grandi”.

Nel suo passaporto è ben impressa la dicitura Crna Gora, Montenegro, come luogo di nascita si trova però scritto Belgrado…

“È un po’ la storia di molti di noi balcanici. Mia madre è croata, mio padre montenegrino, abitavamo a Belgrado quando sono nato, poi siamo tornati a vivere in Montenegro, nella città di Kotor, quella che voi italiani chiamate Cattaro: sono cresciuto là”.

Ci racconta i suoi primi passi su un campo da basket?

“Ho iniziato proprio a Kotor, ma non vedevo il basket nel mio futuro, semplicemente seguivo mio fratello Matija, che è più grande di me di 4 anni e che già giocava da qualche tempo. Però mi sono appassionato e le cose hanno iniziato ad andare bene, anche per me”.

Talmente bene che anche su Balsa, oltre che su Matija, molti addetti ai lavori iniziarono a prendere nota…

“Racconto sempre un aneddoto. Quando mio fratello è stato chiamato per andare a giocare a Belgrado, nella prestigiosa academy del Mega Basket, ho assicurato ai miei genitori che il basket non mi avrebbe portato via da casa almeno fino alla maggiore età: in realtà pochi mesi dopo è arrivata la proposta di venire a giocare in Italia, a Varese, e l’ho colta al volo”.  

Suo fratello ha giocato anche negli States, con Arizona Western College…

“E adesso siamo entrambi in Italia. Ha da poco firmato per Pallacanestro Antoniana, anche lui è impegnato per centrare la permanenza in B Interregionale, ma nel girone sud”.

Si dice in giro che voi atleti slavi, anche da giovanissimi, abbiate più “anticorpi” per difendervi dalla nostalgia di casa. Conferma?

“Non nel mio caso. Inizialmente è stato durissimo lasciare la famiglia, gli amici e il mio stile di vita. Mi sono trovato a 14 anni in un mondo completamente differente: la lingua, le abitudini, la scuola, tutto diverso, ma per fortuna a Varese l’organizzazione che mi ha accolto era tale da programmare ciascuna giornata in ogni minimo dettaglio, insomma tra basket e studio di tempo per sentire la nostalgia di casa ne avevo veramente pochissimo”.

Rompiamo per un attimo le righe. Il nome Nikola Bulatovic, primo cestista montenegrino nella storia della Mens Sana, immagino le dirà ben poco anche perché sono passati quasi 25 anni e lei non era nato. Ne è passato qualcuno in meno da quando transitò da queste parti Marko Simonovic, che ora gioca in Turchia ma che ha pure assaggiato la Nba…

“Simonovic lo conosco, certo, ma solo di nome e di fama, non personalmente”.

Nella Nba, in compenso, c’è un Jokic, che peraltro è serbo, che detta legge e che di nome fa Nikola. Quanti le hanno già chiesto se avete legami di qualche tipo?

“No, o almeno non mi risulta. Però c’è una concentrazione abbastanza diffusa del cognome Jokic in una particolare zona del Montenegro: chissà, magari potremmo essere cugini di settimo o ottavo grado e ancora non l’abbiamo scoperto”.

Ripartiamo dai suoi anni varesini. Cosa ricorda di quel periodo?

“Un club di alto livello, organizzatissimo, con loro ho avuto la soddisfazione di entrare tra le prime squadre giovanili in Italia e conoscere alcuni ragazzi che poi sono diventati professionisti. Per me è stata un’esperienza senza dubbio importante e molto positiva”.

La società a farla esordire tra i senior è stata Omegna…

“Non ho giocato molto in prima squadra, ma è stato importante confrontarmi con cestisti molto forti e iniziare a comprendere l’organizzazione che c’è in una prima squadra, anche se in quegli anni continuavo ancora a far parte del settore giovanile”.

Perché, nel 2023, è tornato in Montenegro?

“Mi ha cercato il Kotor, che aveva seguito il mio percorso giovanile in Italia e che mi ha proposto di disputare la lega del Montenegro, dandomi i gradi di capitano della squadra. Emotivamente e sul piano sportivo è stato un anno e mezzo davvero importante e soddisfacente, anche se la strutturazione dei campionati nazionali, in tutti i Balcani, è un po’ particolare e le prime due, tre squadre, penso a Buducnost, Lovcen, Mornar, sono molto più forti di tutte le altre perché contemporaneamente devono competere con alcuni dei clubs più importanti d’Europa in Lega Adriatica o in Lega Balcanica”.

Di là dall’Adriatico il basket rimane lo sport più seguito?

“Nel Montenegro sì, assieme alla pallanuoto, anche perché non siamo molto forti nel calcio. Di ragazzi che giocano a basket ce ne sono moltissimi, quanto all’interesse e al tifo per le squadre, gli impianti magari si riempiono solo in particolari occasioni, ma la passione c’è”.

E la chiamata della Mens Sana nel gennaio scorso?

“Ho detto subito sì, perché tornare in Italia significava avere l’opportunità di farmi vedere e perché mi sono documentato sulla tradizione che ha la Mens Sana, anche se adesso disputa la B Interregionale. Il mio “piano A” è fare strada col basket, salire il più possibile di livello, in questo momento Siena è un’ottima opportunità per far conoscere i progressi che ho compiuto”.

C’è anche un “piano B”, quindi?

“Studio nutrizionismo, è una materia che mi appassiona da sempre. Sono iscritto all’università in Bosnia, ovviamente seguo il corso di laurea a distanza, voglio avere un’opportunità pronta quando smetterò di giocare a basket”.

Pare che lei sia bravissimo ai fornelli…

“È un interesse che coltivo da quando ero ragazzino, ho una predilezione per gli impasti e per i dolci. Ai tempi di Varese chiesi espressamente di frequentare la migliore scuola che potesse soddisfare questa mia passione: tra le prime attività che ci vennero affidate, ricordo l’organizzazione di un menù per 300 invitati, notevole”.

A Prosek e Marrucci, suoi nuovi coinquilini, cosa cucina?

“Tutte cose normali, veloci soprattutto, non abbiamo molto tempo. Però stiamo organizzandoci per un pranzo, o una cena, assieme a tutta la squadra: in cucina saremo io e Ragusa, pure lui è molto bravo ai fornelli”.

Festeggerete a tavola la salvezza della Mens Sana?

“Quella dobbiamo prima conquistarla sul campo, non corriamo troppo”.

Cinque vittorie consecutive, però, indicano che il momento peggiore è alle spalle…

“Dispiace non essere entrati fra le prime sei squadre al termine della prima fase, è stato un momento negativo, nello sport purtroppo può capitare. Anche la sconfitta a Torino contro Crocetta è legata a quella fase, poi siamo tornati ad esprimere il nostro potenziale, stiamo disputando ottime partite adesso: vogliamo continuare a vincere e conquistare la permanenza in categoria il prima possibile, ma sappiamo che non sarà facile, né immediato”.

Domenica prossima incontrerete proprio Crocetta. Cosa non ripetere della partita di andata?

“L’ultima gara contro Genova ci ha insegnato che entrare in campo con la massima intensità difensiva fa la differenza. Dobbiamo ripetere questa prestazione, giocare con lo stesso spirito, senza guardarci troppo indietro”.

I suoi primi due mesi a Siena come sono trascorsi?

“Mi trovo benissimo alla Mens Sana, è un club come detto con grande tradizione ma anche ben strutturato nel presente. Il sostegno che ci danno i tifosi è fantastico e la città è molto bella, è ricca di storia e questo mi piace perché sono cresciuto a Kotor, che ha una storia lunga duemila anni e un centro medievale che in parte ricorda quello di Siena: ho avuto modo di visitare la città con alcuni dei miei compagni e sono rimasto incantato dalle strade, dai palazzi e dai monumenti. Li ho costretti ad aspettarmi perché come un turista mi stavo godendo con lo sguardo per aria la bellezza che mi circondava, Piazza del Campo poi è davvero stupefacente”.

Si fermerà anche nella prossima stagione?

“Qui sto bene, lo ripeto, ma del futuro parleremo solo a fine campionato. Ogni estate cerco di fare la scelta migliore per la mia carriera, vedremo se ci saranno le giuste prospettive per proseguire con la Mens Sana”.

 

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