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Siena

Infiltrazioni mafiose, a Siena scovato il prestanome di un clan della ndrangheta

Operazione di Guardia di Finanza e Polizia. Sequestrati beni per un valore di 600 mila euro

Claudio Coli

08 Aprile 2025, 07:30

Guardia di Finanza

Guardia di Finanza

Un nuovo caso di infiltrazioni della criminalità organizzata nella provincia di Siena. La Guardia di Finanza di Firenze e la Squadra Mobile della Polizia di Siena hanno scoperto la presenza nel territorio di un imprenditore che faceva da prestanome a un clan della ndrangheta: all’uomo, residente in zona con la famiglia, sono stati sequestrati beni per un valore di 600mila euro, tra Siena, Sovicille e Monteroni d’Arbia. Troppa sproporzione tra quanto investito nel senese e l’effettiva fonte di reddito dichiarata: a seguito di accurate indagini, sono finite nelle mani dell’amministratore giudiziario una villa con relative pertinenze, due appezzamenti di terreno, un locale adibito ad autorimessa, un b&b/affittacamere, oltre a conti correnti e disponibilità finanziarie.

L’operazione è giunta dopo mesi di accertamenti patrimoniali coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, su un soggetto che è risultato avere legami con la cosca calabrese “Tegano-De Stefano” di Reggio Calabria, ritenuta dagli inquirenti una delle organizzazioni criminali più potenti e influenti di tutta l’area reggina. Già era noto agli inquirenti avendo ricevuto, attraverso una società edile, un provvedimento interdittivo antimafia nel 2003 dalla Prefettura di Reggio Calabria. Da alcuni procedimenti della direzione distrettuale antimafia reggina era poi emerso, anche sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la pericolosità sociale dell’individuo: secondo le odierne accuse, attraverso fittizie intestazioni societarie, l’uomo agiva da prestanome per nascondere gli interessi del vero gestore, un componente di spicco della 'ndrina Tegano-De Stefano. Nello specifico, stando alle indagini, l’imprenditore “risulta - spiegano gli investigatori - aver falsamente stipulato un contratto d’affitto d’azienda e aver attribuito fittiziamente a terzi soggetti, con il proprio contributo causale e consapevole, la titolarità formale di quote di società operanti nei settori edile, costruzioni e servizi (appositamente costituite), essendo in realtà l’attività imprenditoriale di proprietà, di fatto, della cosca”.

L’inchiesta ha permesso, di ricostruire, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio del prestanome, il cui valore è risultato sproporzionato (nell’arco di quasi 30 anni per circa 800mila euro) rispetto al reddito e alla capacità di investimento. Il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione ha così disposto il sequestro da 600mila euro, osservando, ancora spiegano gli inquirenti, che “la ragione della sproporzione tra il patrimonio posseduto e i redditi lecitamente dichiarati sia da individuarsi in guadagni che potrebbero derivare dalla sua piena messa a disposizione della cosca”. Dunque, si apre un nuovo fronte sulle infiltrazioni mafiose in Toscana: secondo il rapporto 2023 su illegalità e criminalità nella regione, curato da Irpet, sono 11,3 i miliardi di euro legati all’economia che non è osservata in Toscana, 10,1 di economia sommersa e 1,2 di economia illegale.

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