Siena
Siena, la Liberazione
Oggi, come avviene ogni anno, i senesi hanno sentito i rintocchi magici di Sunto che prima di regolare il tempo della Passeggiata storica, hanno celebrato la fine della guerra civile a Siena, il 3 luglio 1944. Proprio 81 anni fa, nelle prime ore del mattino, i senesi accolsero le truppe francesi che entrarono da Porta San Marco mentre gli ultimi militari tedeschi della Wehrmacht lasciavano Siena occupata uscendo da Porta Camollia. Tutta la città si riversò in strada, molti anche con le bandiere delle contrade, accolsero gli alleati con giubilo.
Quando i blindati francesi fecero il loro ingresso in Piazza del Campo, trovarono al centro una grande croce rossa dipinta su 280 metri quadrati. Era il simbolo che indicava Siena come Città Ospedaliera, voluto dalle autorità locali per proteggere la città dai bombardamenti. Sebbene riconosciuta solo dai tedeschi sul piano formale, anche gli Alleati risparmiarono il centro storico dalla distruzione, consapevoli del suo immenso valore civile e artistico.
L’operazione che portò alla liberazione fu frutto di una fitta rete di contatti. Già ai primi di giugno personalità come il podestà Luigi Socini Guelfi e il prefetto Giorgio Alberto Chiurco con il suo vice del Pfr Giovanni Brugi furono determinanti nei contatti con la rete del Cln locale. Poi il conte Francesco Carlo Griccioli e il capitano Pier Adolfo Stross svolsero un ruolo chiave nel favorire una transizione pacifica, andando incontro ai comandanti alleati per informare dell’imminente ritirata tedesca e fornire dettagli sulle postazioni nemiche. Questo permise alle truppe francesi di entrare praticamente senza colpo ferire, evitando inutili scontri in una città già stremata. Gli stessi tedeschi, tramite la Segreteria di Stato vaticana, assicurarono all’arcivescovo di Siena che la città avrebbe mantenuto lo status di città ospedaliera anche dopo la loro partenza. Dalla Chiesa all’Università, fino ai rappresentanti delle contrade, tutte le istituzioni cittadine concorsero a tutelare il centro storico.
La fine dell’occupazione tedesca segnò per i senesi l’inizio di una nuova vita: già dal 4 luglio la città tornò a respirare e si riaccendevano le attività culturali. Nei giorni successivi si verificarono vendette contro esponenti del vecchio regime, con alcuni casi di violenza e omicidi, in particolare il luminare docente universitario Giovanni Brugi e il sedicenne Walter Cimino. Non mancarono nemmeno episodi curiosi: si racconta che l’arcivescovo Toccabelli temesse, più dei cambiamenti politici, il ritorno del “ballo” in città, visto come simbolo di disordine morale.
I fatti di Siena restano comunque un esempio raro di “liberazione dolce”, senza bombardamenti o scontri feroci. Le ragioni furono diverse: la decisione tedesca di non difendere la città, la collaborazione tra istituzioni e antifascisti, ma anche la sensibilità artistica dei comandanti francesi, come il generale De Monsabert, che ordinò esplicitamente di non colpire i monumenti antichi. “Tirate dove volete, ma non oltre il XVIII secolo”, avrebbe detto ai suoi artiglieri, salvando così un patrimonio inestimabile.
Oggi, una lapide fuori Porta San Marco ricorda quel giorno. I senesi continuano a celebrare la loro fine della guerra civile, coscienti che la storia della città è fatta anche di queste pagine difficili, ma fondamentali per capire il valore della libertà e della riconciliazione.
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