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Il libro

Siena, Marco Parlangeli racconta in un libro il veloce declino di banca Mps: “Rimase in mezzo al guado”

La testimonianza senza sconti dell'ex dg di Fondazione Mps in "Dieci anni che sconvolsero il Monte e gran parte del sistema bancario italiano"

Andrea Bianchi Sugarelli

28 Luglio 2025, 09:12

Marco Parlangeli

Il declino di Mps spiegato da Marco Parlangeli

Come può una banca solida come Mps, con 500 anni di storia ed una Fondazione ricchissima, entrambe capisaldi della vita e dello sviluppo della città di Siena e del suo territorio, perdere tutto in meno di dieci anni? Una risposta prova a darla Marco Parlangeli, ex dg della Fondazione Mps. Il suo libro "Dieci anni che sconvolsero il Monte e gran parte del sistema bancario italiano" (La Vela edizioni) è una testimonianza diretta che non fa sconti.


Parlangeli ricostruisce dall’interno il declino di Mps tra il 2001 e il 2011, tra scelte errate, miopia politica e crisi globale. L’autore denuncia la perdita d’identità della banca e della Fondazione, soffermandosi sulle responsabilità di vertici, politica e vigilanza.
Il volume, documentato e chiaro, aiuta a capire come Siena abbia perso il suo storico motore economico per errori evitabili: “Ho iniziato a scrivere il libro poco dopo la mia uscita dalla Fondazione – spiega Parlangeli – allo scopo di fissare i numerosi e complessi avvenimenti che si erano succeduti negli anni del mio servizio presso l’ente. Ripercorrendo gli eventi, mi sono poi reso conto che molte delle cose descritte potevano avere interesse sia per una visione completa con aspetti che non erano ancora emersi, sia perché in quel periodo l’intero sistema bancario italiano è stato interessato da cambiamenti radicali, che hanno condotto alla sua attuale configurazione. Ho poi aggiornato la narrazione con le ultime vicende, che ho però vissuto come spettatore e non come diretto interessato”.


Quali sono stati i principali fattori che hanno portato al declino del Monte dei Paschi di Siena tra il 2001 e il 2011?


"Come è ampiamente descritto nel libro, la mia valutazione è che il motivo principale sia da attribuirsi all’incapacità di adattare lo storico modello di business, incentrato sulla rete di filiali e sugli sportelli, alle mutate condizioni di mercato che hanno portato le banche a polarizzarsi su due diversi modelli: da un lato quelle molto grandi, in grado di sostenere grandi investimenti e di ripartire gli enormi costi su una base di clientela molto ampia, dall’altro quelle locali di dimensioni molto contenute ma vicine al territorio e fortemente radicate nelle zone tradizionali, oppure quelle “leggere” basate sull’operatività online. Il Monte è rimasto in mezzo al guado, con una dimensione da un lato troppo piccola per competere con i grandi player, dall’altro troppo grande per mantenere un livello ristretto e locale. In questo decennio, infatti, le banche di media dimensione sono gradualmente scomparse dal sistema, inglobate in altre più grandi e competitive. Nonostante i diversi tentativi, per il Monte una tale strategia non è stata realizzata".


In che modo la fuoriuscita di Mps dall’“alveo senese” ha inciso sulla sua identità e sulla comunità di Siena, secondo quanto racconta il libro?


"Il Monte dei Paschi è ormai completamente uscito dall’orbita senese, che gli aveva garantito nel corso dei secoli un formidabile sviluppo. Proprio la senesità era stato un fattore di successo nel configurare una banca ancorata a solidi valori e a una tradizione che, nel contesto economico del tempo, vedeva vincente il modello della banca-rete. Quando il contesto è cambiato, il Monte si è trovato spiazzato. L’uscita del Monte da Siena, d’altra parte, ha rappresentato non solo la perdita di ingenti risorse che nel tempo sono state riversate sulla città e sulla provincia, ma anche la scomparsa di un punto di riferimento importante e di un caposaldo storico insostituibile come motore di crescita, sostegno all’economia e all’occupazione".

Vicenda Mps, emblema dei rischi sistemici tra potere locale, governance bancaria e competitività globale?


"Dopo la crisi del 2007/2008, che ha manifestato i suoi effetti anche per quasi un decennio successivo, l’economia e i sistemi bancari non sono più stati gli stessi. Si è capito che nessuna banca è troppo grande per fallire, e il disastro ha investito tutte le attività finanziarie. In questo contesto, la vicenda del Monte è del tutto particolare, come dicevo prima. La competitività si gioca oggi sulla capacità di fornire servizi a costi più bassi e ad alto contenuto tecnologico e quindi richiede azionisti in grado di supportare investimenti rilevanti, che poi esercitano e guidano la governance con sempre maggiore libertà di movimento".

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