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Il caso

Mostro di Firenze, parla Natalino Mele, l'ex bambino sopravvissuto al primo duplice omicidio: "Non ricordo nulla ma quella notte mi perseguita ancora. Dov'è la tomba di mia madre?"

L'intervista a Il Tirreno dell'oggi 64enne, che nel 1968 fu graziato dal killer: mentre dormiva nel sedile posteriore dell'auto, la madre e l'amante vennero brutalmente uccisi

Caterina Iannaci

30 Luglio 2025, 20:32

Natalino Mele

Natalino Mele, oggi 64enne

Cinquantasette anni fa, nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1968, la tragedia che scuoteva la campagna toscana ebbe un protagonista silenzioso e dimenticato: un bambino scalzo e traumatizzato, Natalino Mele, che bussava alla porta di un casolare di campagna. Poco prima, sua madre Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco erano stati brutalmente uccisi mentre lui dormiva sul sedile posteriore dell’auto. Fu l'unico sopravvissuto al primo duplice omicidio attribuito al “Mostro di Firenze".

Fino a poco tempo fa, a Natalino era stato detto che suo padre era Stefano Mele, l’uomo arrestato per il duplice omicidio e marito della Locci. La novità che ha sconvolto questa storia, rivelata solo una settimana fa, è una scoperta genetica che ha rivoluzionato tutto: il vero padre di Natalino non è Stefano Mele ma Giovanni Vinci, oggi deceduto. Un nome che riapre un capitolo mai completamente esplorato nelle indagini sul Mostro di Firenze, poiché Vinci è il fratello maggiore di Francesco e Salvatore, due membri di un clan sardo finito sotto la lente dell’inchiesta a partire dal 1982. Dopo l’arresto di Francesco e le successive accuse rivolte a Salvatore, questa nuova paternità suggerisce un collegamento inedito con la misteriosa serie di delitti.

Da sinistra Barbara Locci e il piccolo Natalino Mele in una foto dell'epoca

Questa rivelazione apre molte domande ancora irrisolte: chi e perché risparmiò quel bambino quella notte? Come fece Natalino, completamente ignaro di quanto accaduto e senza alcun ricordo, ad arrivare a una casa a diversi chilometri di distanza, lungo una strada di campagna buia e ciottolosa? E soprattutto, cosa significa la sparizione della pistola utilizzata nel ’68 — arma mai ritrovata — che poi tornò protagonista tra il 1974 e il 1985, nelle uccisioni di altre sette coppie?

Il Tirreno, con una intervista a Natalino Mele, analizza i risvolti della vicenda interpellando direttamente quel bambino, oggi 64enne, che da poco ha scoperto questa verità sconvolgente. Racconta di aver appreso del suo vero padre tramite la procura, "Mi ha sconvolto. Io credevo di chiamarmi Mele, sono rimasto shockato" ammette al quotidiano. Il suo ricordo di quella notte è assente: "Non ho alcun ricordo, nessuna immagine, nessun rumore, niente di niente, sennò l’avrei raccontato".

Nonostante l’allontanamento, sia la famiglia Mele che quella Vinci rifiutarono di tenerlo con sé dopo il duplice omicidio, e lui fu portato in orfanotrofio. Ricorda con lucidità quel rapporto di separazione: "Ero troppo piccolo, so solo che le vicende di quella notte ancora mi perseguitano. Ora vorrei solo un po’ di tranquillità, ho sofferto tanto e porto ancora le ferite" afferma. Dopo un’infanzia e adolescenza trascorse in collegio e il servizio militare a Capo Teulada, ora vive a Firenze in condizioni difficili. Confessa il suo sogno più grande: "Vorrei tornare in Sardegna".

Antonio Lo Bianco

Nel rapporto con Stefano Mele, l’uomo arrestato per l’omicidio di sua madre e del suo amante, Natalino ha ricordi contrastanti. Lo descrive come "taciturno, parlava pochissimo, ci si abbracciava però. Gli volevo bene, perché ovviamente per me era mio padre, fino almeno a una settimana fa". Tuttavia, non hanno mai affrontato insieme il trauma di quella notte: "Di quella notte però, non abbiamo mai parlato. Io non ho mai domandato".

Sulle tombe dei suoi genitori e il contatto con gli altri protagonisti della vicenda, la sua voce è ferma e delusa: "Non so proprio dove sia la tomba di mia madre, non me l’hanno mai detto. Anzi, voglio fare un appello, ditemi dove è sepolta mia madre". E a chi gli chiede se qualcuno coinvolto nel caso abbia mai tentato di contattarlo, risponde con chiarezza: "Assolutamente no". Infine, precisa di non essersi mai espresso su molte delle supposizioni diffuse in rete: "Molte cose che si trovano sul web io non le ho mai dette".

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