Il caso
tribunale di Siena
È iniziato ieri, con l’ascolto dei primi testimoni, il processo nei confronti di un ex brigadiere dei Carabinieri, in pensione, che prestava servizio nella stazione di Castellina Scalo, ed è oggi imputato per abuso d’ufficio, perquisizione arbitraria e lesioni su un cittadino in caserma. Il militare dell’Arma, secondo le accuse, nel 2020 avrebbe messo in atto una serie di presunti atti lesivi della libertà nei confronti di un 35enne, che si era presentato sul posto per la notifica di un provvedimento legato al codice della strada. Un semplice ritiro di un documento da cui sarebbe scaturita forte tensione.
In aula, dinanzi al giudice monocratico Solivetti Flacchi, sono sfilati vari testimoni, in primis la parte offesa, che, esaminata dalle parti, ha raccontato i fatti al centro del procedimento. Oltre a lui è stata ascoltata la madre, che sarebbe intervenuta all’interno dei locali della stazione, sentendo delle grida e il rumore di un colpo, e un’altra ragazza.
L’istruttoria proseguirà prima di Natale con l’ascolto di due colleghi carabinieri presenti durante l’accaduto. Secondo le contestazioni, il carabiniere avrebbe provocato al cittadino delle lesioni dopo avergli intimato di consegnargli la patente nonostante, come riferisce la parte offesa, non la avesse con sé, tentando anche di mettergli le mani nelle tasche, oltre a ordinargli di svuotarle, per controllare se avesse dello stupefacente.
Da lì una colluttazione, la cui dinamica è al centro del dibattimento e che sarà delineata durante il resto del processo. Dopodiché, sempre secondo l’accusa, l’uomo sarebbe stato trattenuto un’ora in caserma, senza i presupposti. Non solo, stando a quanto denunciato dal cittadino, il carabiniere si sarebbe scagliato con violenza contro di lui per sottrargli il telefono, avendolo sentito parlare con un parente al quale avrebbe riferito di essere stato aggredito.
Una versione che contrasta con quella dell’ex carabiniere, che ha spiegato di aver incontrato in stazione il giovane già in condizione di alterazione e restio a fornire la patente richiesta, sospettando che non volesse esibirla. Non solo, stando alla tesi della Procura il carabiniere avrebbe poi firmato un’annotazione di Polizia Giudiziaria “mendace”, per occultare le sue condotte. A difendere il militare è l’avvocato Giulio Pezone, la presunta parte offesa è invece in carico al collega Alessandro Betti, insieme a Giulia Salvini.
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