L'intervista
Andrea De Gortes detto Aceto
Andrea Degortes detto Aceto ha scritto la storia del Palio: lo ha fatto con una carriera lunghissima, durata in piazza del Campo dal 1964 al 1996, con le sue 14 vittorie nelle 58 Carriere alle quali ha preso parte. Ha fatto la storia anche per il suo carattere istrionico, per la sua voglia di vincere, e per il personaggio Aceto che è andato oltre e al di là della sua carriera da fantino, e raggiungendo una notorità nazionale che lo ha portato persino sull’Isola dei famosi.
E’ stato il re della Piazza. Ha scritto di sé: “Nessuno al Palio di Siena, almeno in quello dei tempi moderni, è riuscito a fare ciò che ho fatto io e anche i miei avversari, se non sono faziosi, non possono che riconoscere che sono stato il migliore di tutti e che difficilmente nascerà qualcuno capace di superarmi”.
Ora è nato un museo su Aceto, sulla sua carriera. Nel centro storico di Asciano un locale ospita i suoi cimeli, le sue fotografie di oltre trent’anni di carriera: l’inaugurazione è stato un momento emozionante, con la presenza di rappresentanti dell’amministrazione comunale di Siena e di Asciano. Il museo su Aceto è un luogo da visitare, e può diventare anche un richiamo turistico se ben promosso e pubblicizzato.
- Andrea Degortes, quali emozioni ha provato al momento dell’inaugurazione del museo sulla sua carriera?
È stato un giorno molto bello. La mia famiglia ha voluto realizzare questo luogo e il progetto è venuto fuori bene, non è niente male. Il luogo è certamente molto carino. All’inaugurazione c’erano i sindaci di Siena Nicoletta Fabio e di Asciano Fabrizio Nucci, c’era la banda musicale: mi sono molto emozionato.
- Già molti senesi lo hanno visitato e ci sono tante richieste per vederlo.
Ne sono contento. Ho ricevuto tanti commenti positivi. Anche grazie al museo la mia storia si allunga. Non faccio più il fantino da trent’anni ma così si potranno vedere ancora oggetti e fotografie relativi alla mia carriera.
- Lei è il primo fantino che ha un museo che le è stato dedicato.
E si sorprende? Io sono primo su tutto (e ride, ndr). La mia mentalità non ha niente a che vedere con gli altri, ho sempre avuto anche tanta fantasia.
- Si è emozionato a rivedere oggetti di molti decenni fa?
Tanti degli oggetti che ora sono esposti nel museo erano in scuderia, dentro un box. Sono esposti anche oggetti che non vedevo da quarant’anni, ovviamente rivederli mi ha fatto un certo effetto e mi ha emozionato.
- Aceto ha il suo museo. A Siena da molti anni si parla dell’ipotesi di realizzare un museo del Palio, ma fino a oggi il progetto non è ancora mai decollato. Cosa ne pensa?
Questo mio museo parla del Palio. Io ovviamente un museo del Palio a Siena lo farei. Perché non farlo? La storia del Palio non ce l’ha nessuno, con un museo si metterebbero in evidenza tanti aspetti e molte vicende anche del passato. Si rende conto di quanti oggetti e quante storie potrebbero essere valorizzati in un museo del Palio?
- La sua carriera è stata lunghissima: quale Palio e quale vittoria le sono rimasti maggiormente nel cuore?
Sicuramente l’ultima. La vittoria del Palio nell’Aquila (il 3 luglio 1992, con Galleggiante, ndr). Quello è stato il Palio della mia vita. Poi ovviamente sono legato e affezionato a tutte le vittorie. Ma quella ha un sapore particolare: le nerbate, sono partito ultimo, la rimonta. E ovviamente il record. E’ stato un Palio molto importante per me e per la contrada. Mi dispiace poi che da allora l’Aquila non abbia ancora più vinto un Palio, ma sono certo che tornerà presto a farlo.
- Sono passati quasi trent’anni dal suo ritiro e spesso si parla di quanto il Palio sia cambiato in questi decenni: qual è la sua opinione?
Non è cambiato solo il Palio, sono cambiati i tempi e gli esseri umani. Credo che adesso nel Palio ci siano troppe regole: la sua bellezza era anche data dal fatto che fosse un po’ selvaggio e certamente particolare. Adesso sono state inserite tante regole, e il Palio non deve diventare una semplice corsa. In trent’anni le cose sono cambiate tanto. Ci sono stati però anche dei cambiamenti positivi. Sa qual è la cosa migliore?
- Quale?
La preparazione dei cavalli. Quelli di adesso sono veramente bravi, sono addestrati e preparati, anche da giovani sanno dove mettere i piedi. Questo è un grande vantaggio per i fantini. Il protocollo è servito molto e ha prodotto ottimi risultati, ai miei tempi non tutti i cavalli avevano queste qualità.
- E invece come sono i fantini di oggi? Viviamo una fase nella quale da alcuni anni non emergono nuovi giovani fantini. Perché, secondo lei?
Io credo che oggi manchi la scuola. E ai miei tempi c’era anche più fame rispetto a oggi. Ai miei tempi si imparava dalle corse, dalla provincia. Ora invece ci sono meno corse e anche il percorso di addestramento forma meno i fantini rispetto alle corse di un tempo. L’esperienza accumulata la si portava in piazza del Campo, perché il Palio ti vuole vedere in faccia. Per farlo devi essere preparato sia fisicamente che mentalmente. Noi forse avevamo più cattiveria e crescevamo con le varie esperienze che facevamo.
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