Siena
Si chiude con un verdetto di assoluzione piena "perché il fatto non sussiste" una vicenda giudiziaria che per anni ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica senese. La Corte d’Appello di Firenze ha infatti ribaltato la condanna emessa nel 2020 nei confronti di cinque persone accusate di diffamazione aggravata sui social ai danni del docente Francesco Simoni. Tra gli imputati figuravano Paolo Benini e Francesco Giusti, all’epoca militanti della Lega, insieme ad altre tre persone. La decisione dei giudici di secondo grado ha riconosciuto la fondatezza delle argomentazioni difensive, giudicando “non sufficientemente provati” gli elementi del reato contestato e definendo “eccessivamente severa” la condanna in primo grado.
La vicenda risale al 2018, quando sotto un post pubblicato su Facebook da Simoni, raffigurato in abiti da angelo durante la partecipazione al Toscana Pride, comparvero diversi commenti giudicati offensivi e discriminatori. Quell’episodio aveva dato il via a un procedimento penale che, nel 2020, si era concluso con 900 euro di multa per ciascun imputato, oltre al pagamento di una provvisionale di 3.000 euro e delle spese processuali. Ora, dopo 7 anni, la situazione si è ribaltata, mettendo un punto su un ampio dibattito pubblico sul rapporto tra libertà di espressione e tutela della dignità personale nell’uso dei social network.
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