Salute
Il dottor Andrea Mignarri
La ricerca scientifica e in campo medico, a Siena è da sempre un fiore all’occhiello. Ai tanti allori si aggiunge adesso quello dell’équipe guidata dal neurologo Andrea Mignarri, che per prima al mondo ha sperimentato un farmaco chiamato Miglustat nelle terapie legate all’Alzheimer. I risultati sono stati pubblicati sull’European Journal of Neurology, una rivista di settore di grande prestigio.
In cosa consiste l’intuizione? “Questo specifico medicinale - spiega lo specialista - per anni è stato usato in malattie neurologiche rare come quella di Niemann-Pick tipo C e quella di Gaucher. Noi l’abbiamo utilizzato su pazienti affetti da Alzheimer della stessa famiglia e portatori del gene Npc1, responsabile di un’alterazione del metabolismo cerebrale del colesterolo”.
Perché proprio il Miglustat?
L’esperienza maturata negli anni nel campo delle malattie neurodegenerative e dei disturbi genetici del metabolismo lipidico ci aveva fatto intuire che potesse avere un ruolo anche nell’Alzheimer, in quanto riduce l’accumulo di derivati tossici del colesterolo e, soprattutto, riesce ad attraversare la barriera sangue-cervello. Era un candidato naturale per tentare di modulare uno dei meccanismi che oggi vengono considerati centrali nello sviluppo della malattia.
Come si è svolta la sperimentazione?
Abbiamo somministrato il farmaco per via orale per un anno a tre pazienti consanguinei. I risultati sono andati oltre le nostre aspettative: non solo la malattia si è stabilizzata, ma abbiamo osservato anche una riduzione dell’amiloide cerebrale, una proteina che si accumula nel cervello di chi soffre di Alzheimer.
Chi ha partecipato al lavoro?
Ho seguito personalmente i pazienti insieme a Diego Lopergolo, genetista e curatore dell’articolo, e a Daniele Gasparini, giovane neurologo. Abbiamo potuto contare sull’esperienza e sulla guida di Nicola De Stefano, responsabile della Neurologia delle Scotte, nonché prossimo presidente della Società italiana di neurologia. Inoltre, hanno collaborato nomi di fama nazionale e internazionale di altissimo livello, come Stelvio Sestini, medico nucleare esperto di malattie neurodegenerative, Valerio Leoni e Henrik Zetterberg, riconosciuti tra i massimi esperti mondiali di biochimica cerebrale e biomarcatori dell’Alzheimer.
Si può parlare di un nuovo trattamento per la malattia?
E’ un primo passo, ma certamente molto promettente. I risultati suggeriscono che una strada concreta per rallentare la progressione del male possa essere un’interazione col metabolismo lipidico, la cui alterazione, secondo alcune ricerche recenti, è ipotizzabile che sia alla base di tale patologia. L’auspicio del nostro gruppo di lavoro è che futuri studi su casistiche più ampie di pazienti confermino ciò che abbiamo riscontrato in questa forma genetica.
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