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La storia

Quando Siena osò sfidare il potere imperiale romano

Nel 70 d.C. il senatore Manlio Patruito arrivò a Saena Julia in visita ufficiale. Venne pubblicamente deriso, malmenato e beffato con un finto funerale

Giuseppe Simone  Modeo

19 Novembre 2025, 11:04

Imperatore Vespasiano

L'imperatore Vespasiano

Di fronte alla potente Roma, pochi osavano ribellarsi. Ma tra quei pochi ci furono i senesi. Un evento poco noto ma straordinario, risalente al 70 d.C., riporta alla luce l’orgoglio civico e la forza identitaria di Saena Julia – l’odierna Siena – anche in piena epoca imperiale. Lo storico Tacito e l’erudito Plinio il Vecchio ne sono testimoni autorevoli: si narra, infatti, che a Siena un senatore romano non fu accolto con gli attesi onori ma con un’umiliazione pubblica della quale si risentì l’intero Senato dell’Urbe.

Il contesto: Saena Julia, da colonia a municipio

Nel 90 a.C., in forza della Lex Iulia de civitate, i cittadini delle colonie italiche ottennero la cittadinanza romana. Siena, fondata probabilmente come colonia militare e poi divenuta municipio, faceva parte a pieno titolo dell’orbita civica di Roma, pur mantenendo una forte impronta etrusca, come ricorda Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. Qui, Saena Julia viene elencata tra le città etrusche ancora attive e culturalmente vive nel I secolo d.C., al pari di Roselle e Sutri. La vicenda, raccontata da Publio Cornelio Tacito nel IV libro delle Historiae, si svolge in un periodo turbolento per l’Impero. Siamo nel 70 d.C., subito dopo le guerre civili che portarono alla caduta dell’imperatore Vitellio e all’ascesa al trono di Vespasiano, fondatore della dinastia dei Flavi.

Il senatore romano, Manlio Patruito, fu inviato a Saena Julia in visita ufficiale. Secondo quanto riportato da Tacito, l’accoglienza non fu quella prevista dal cerimoniale imperiale. Al contrario, Patruito fu pubblicamente deriso, malmenato e persino beffato con un macabro e grottesco “funerale finto” messo in scena dai cittadini senesi. Un gesto simbolico - diremmo oggi, goliardico - e provocatorio. Il senatore, tornato a Roma, presentò un rapporto indignato all’imperatore Vespasiano e al Senato, lamentando l’oltraggio subito. La risposta fu decisa: i colpevoli furono puniti e l’intera comunità senese venne ammonita formalmente, con l’obbligo di rispettare l’autorità romana.

Ciò che colpisce, in questo episodio, non è tanto la ribellione in sé, quanto il contesto in cui avviene. I senesi, ormai cittadini romani da oltre vent’anni, non erano più “provinciali” o estranei all’Urbe. Eppure, conservarono - come conservano tuttora - una forte identità locale che li portò a opporsi - anche platealmente - al senatore imperiale. L’episodio non può essere letto solo come una semplice manifestazione di ostilità locale. Va interpretato piuttosto come segno della vitalità politica e culturale di una Città che, pur integrata nell’Impero, non rinunciava a far valere la propria autonomia e il proprio orgoglio. In un’epoca in cui la maggior parte delle città italiche accettava l’indiscusso dominio romano, Siena mostrava una coscienza civica attiva, pronta a sfidare anche le figure più alte del potere centrale.

Questa pagina di storia, relegata per secoli alle note erudite degli storici antichi, merita di essere riscoperta e raccontata. Essa narra molto dell’anima di Siena: Città orgogliosa, consapevole del proprio valore, capace di far sentire la propria voce anche contro i colossi della storia. L’episodio di Manlio Patruito, con la sua drammatica teatralità e il proprio significato politico, è un esempio precoce della resilienza e dell’identità forte che Siena avrebbe poi dimostrato nei secoli successivi - dalle lotte medievali contro Firenze fino alle resistenze civili dell’età moderna.

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