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L'intervista

Duccio Balestracci : "La storia mi si è infilata nel cuore, che soddisfazione renderla accessibile a tutti"

Il percorso dalla cattedra universitaria ai best sellers: “Il libro più sofferto? Quello sul Palio, è dura scriverne da senese e contradaiolo"

Claudio Coli

23 Novembre 2025, 08:08

Duccio Balestracci

Duccio Balestracci

Docente universitario, ma anche giornalista – è stato direttore del Nuovo Corriere Senese - divulgatore storico, intellettuale, fervente contradaiolo del Nicchio. Duccio Balestracci, classe 1949, è una vera eccellenza senese a livello internazionale. Fra i più apprezzati studiosi di storia medievale e civiltà medievali, ha insegnato a lungo all’Università di Siena, affermandosi anche come scrittore di autentici best sellers storici e divulgativi venduti in tutta Italia e nel mondo, e sono numerose le sue apparizioni televisive e pubbliche dove racconta la storia del Medioevo e delle sue civiltà, nonché del Palio e della sua cultura.

Per Il Mulino ha scritto “Medioevo e Risorgimento. L’invenzione dell’identità italiana nell’Ottocento” (2015), “Stato d’assedio. Assedianti e assediati dal Medioevo all’età moderna” (2021) e “Attraversando l’anno. Natura, stagioni, riti” (2023), mentre per Laterza è autore di “La festa in armi. Giostre, tornei e giochi del Medioevo” (2001), “Le armi, i cavalli, l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento” (2003, tradotto in giapponese), “Terre ignote strana gente. Storie di viaggiatori medievali” (2008), “La battaglia di Montaperti” (2017), “Il Palio di Siena. Una festa italiana” (2019), e il “Duca. Vita avventurosa e grandi imprese di Federico da Montefeltro” (2022). In ultimo, sempre per Laterza, “L’Erodoto che guardava i maiali e altre storie popolari. 1300-1600”.

Arguto, brillante, ironico e appassionato, è difficile non lasciarsi trasportare dal ritmo dei suoi racconti storici, che ha saputo avvicinare con successo anche ad una platea di non specialisti del settore.

Come nasce la passione per lo studio della storia e per l’insegnamento?

"Un primo approccio lo definirei di tipo genetico: sono nato a Siena e qui ho sempre vissuto, la storia mi si è infilata nel cuore. Poi c’è stata una stratificazione, al Liceo Classico ho sviluppato l’amore per la storia, la letteratura e la filosofia, tanto che mi sono iscritto a Firenze a filosofia. Un giorno però mi ha chiamato la segreteria facendomi notare che avevo sostenuto solo esami di storia e così ho cambiato corso di studio avvicinandomi alla storia contemporanea".

Ci sono stati in particolare dei docenti che sono stati per lei degli autentici maestri?

"Sì, assolutamente. Il primo è Ernesto Ragionieri, poi Giovanni Cherubini: un maestro davvero coinvolgente, è grazie a lui se c’è stato il colpo di fulmine con la storia medievale, che già mi piaceva tanto. Al pari dell’Università: dissi a me stesso che ci sarei voluto restare. Entrambi sono stati i miei costruttori, come storico e anche a livello di definizione delle scelte politiche, con Ragionieri ho approfondito la storia del Partito Comunista cui poi ho aderito".

Da allievo è diventato a sua volta un prestigioso docente universitario, apprezzato da generazioni di studenti anche per la capacità di creare con loro un forte rapporto.

"Mi sono sempre sforzato di costruire un legame e di essere empatico, insegnare non significa soltanto dare nozioni e verificarle poi in un esame, ci troviamo davanti a degli esseri umani e quindi c’è una componente umana forte. È doveroso costruire un rapporto con gli studenti. In ogni caso non mi definisco un maestro: come disse il grande Armando Sapori ai suoi studenti in occasione. dell’inaugurazione dell’anno accademico, “all’Università troverete tanti professori, ma pochi maestri”. Da professore ho cercato dunque di avere un approccio da maestro".

Tanti allievi hanno intrapreso le sue orme?

"Si, alcuni hanno continuato il percorso accademico e altri lo stanno facendo, ma se avranno successo sarà solo grazie a loro stessi. Io modestamente ho fatto loro da allenatore, cercando di tirare fuori il meglio che potevano dare. Facendo sempre un paragone calcistico, ho provato ad individuare i loro ruoli ideali e a svilupparne le capacità".

La divulgazione storica diventa materia da best seller: quanto è difficile scriverne?

"È una formula che mi dà grande soddisfazione, dietro c’è un imperativo etico: mi è doveroso restituire in qualche modo quello che ho imparato, quello che mi è stato pagato per imparare, mettendo a disposizione la conoscenza a persone non specialistiche e anche non colte. Ho insegnato e adesso sono in pensione, è una sorta di restituzione per la vita datami, quella di rendere la storia accessibile a colti, non colti, curiosi. Ma che fatica paurosa: un conto è utilizzare ad esempio una certa terminologia fra noi addetti ai lavori, un altro dover semplificare. Ma che soddisfazione c’è alla fine".

Quali sono stati i libri più complessi da scrivere?

"Il più difficile senza dubbio “Attraversando l’anno”, edito da Il mulino. Da parte mia c’è stato un po’ un atto di presunzione, ovvero quello di pesticciare negli orti degli etnologi e degli storici delle religioni. L’opera che mi è costata di più a livello esistenziale ovviamente è stata “Il Palio – una Festa italiana”. Una fatica terrificante doverne scrivere da senese e da contradaiolo, con un registro diverso, ma ho avuto in Maura Martellucci una spalla formidabile che mi ha permesso di mantenerlo sempre ottimamente bilanciato".

Ha in ponte altri progetti editoriali?

"Non posso dire molto dal momento che stiamo definendo i vari aspetti proprio in questi giorni ma ci sono alcune opere in cantiere, una nel 2026 con Laterza e un’altra nel 2027 per il Mulino, per entrambe siamo nella fase aurorale".

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