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Il caso

Tredicenne espulso durante la partita per una bestemmia, i genitori: “Non ha imprecato"

L'intervento della coppia: “Gli errori arbitrali fanno parte del gioco ma qui si tocca la dignità di un ragazzo che ha rispetto per tutti”

Marco Decandia

09 Dicembre 2025, 08:18

calcio

Presunta bestemmia ed espulsione, l'intervento dei genitori di un 13enne

Nostro figlio non ha nulla di cui vergognarsi”. È il messaggio chiaro e diretto lanciato da Simone Galeazzi e Serena Pasquini, marito e moglie molto noti e stimati a Monteroni. Hanno una storia da raccontare che ha coinvolto il loro figlio Giulio, giovane calciatore del Tressa, formazione Giovanissimi primo anno. “Durante un incontro corretto e ben giocato – raccontano – la nostra squadra, avanti 3-0 con il Castellina Scalo, al 25’ del secondo tempo ha ottenuto una punizione dal limite dell’area. Giulio, unico mancino del gruppo, si è avvicinato al pallone con l’entusiasmo di chi desidera contribuire ancora alla prestazione. Mentre sistemava la palla a terra, ha commentato ad alta voce le condizioni del terreno di gioco. È stato allora che l’arbitro, impegnato a posizionare la barriera, si è girato all’improvviso correndo verso di lui ed estraendo il cartellino rosso. Alla richiesta di spiegazioni, nostro figlio si è sentito accusare di aver pronunciato una bestemmia: un’affermazione che ha lasciati increduli anche noi, oltre che lui. Le proteste - anche animate - di un allenatore sono costate un’ulteriore espulsione”.

Qui cominciano le amare conclusioni: “Siamo consapevoli che gli errori arbitrali fanno parte del calcio. Lo insegniamo a nostro figlio da sempre: sbagliano i giocatori, sbagliano gli allenatori e possono sbagliare gli arbitri, sempre in buona fede. Accettarlo è parte dello sport. Tuttavia, ciò che fatichiamo ad accettare come genitori è la vergogna che un ragazzo di 13 anni ha provato per qualcosa che non ha fatto e che non fa parte del suo modo di essere. Abbiamo visto Giulio uscire dal campo in lacrime, incapace di capire come potesse essere finito al centro di un’accusa così grave. Abbiamo sentito i mormorii del pubblico chiedersi cosa fosse successo, mentre la parola bestemmia circolava senza che lui potesse difendersi. Pensare che dovrà giustificare la sua assenza dalle prossime partite è la parte più dolorosa dell’intera vicenda. Lui può sedersi in tribuna a testa alta, consapevole dei valori che porta con sé dentro e fuori dal campo. Tra questi c’è soprattutto il rispetto, lo ha sempre dimostrato verso tutti: compagni, avversari, allenatori, arbitri, persone di ogni cultura e religione. Non ha mai fatto ricorso a offese, non ha mai utilizzato un linguaggio irrispettoso. È per questo che continuiamo a credere fermamente che l’espulsione sia frutto di un fraintendimento. Tutto questo non cambierà il referto né le giornate di squalifica. Ma può ribadire una verità semplice: la dignità e la reputazione di un ragazzo valgono più di qualsiasi decisione arbitrale. E quella di nostro figlio, in questa vicenda, non è stata intaccata”.

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