Il caso
L'Antiporto di Camollia
Mai monumento fu così maltrattato. Eppure la soluzione ci sarebbe e anche a buon prezzo, per cominciare. L’Antiporto di Camollia, ovvero la porta più esterna della città verso nord detta anche “Portone” o “Portone dipinto”, mostra condizioni pietose e ogni periodico tentativo di lavaggio con sistole e cisterna è una battaglia persa.
La sporcizia è cronica grazie a colonie di piccioni che qui dimorano senza sosta coprendo di escrementi pancali e pavimento e un'occupazione occasionale che di notte trasforma lo spazio in una dimora al riparo da controlli ed occhi indiscreti. Le nicchie sul muro sono utilizzate dai senzatetto come comodi armadietti per riparare i cartoni dall'umidità. In un angolo ci sono perfino un paio di scarponcini da trekking. Per non parlare del lato destro, un cantuccio utilizzato come gabinetto che inonda di cattivo odore tutta l'area circostante. Erbacce e rampicanti fanno il resto, rovinando il materiale lapideo che appena qualche anno fa subì un sostanzioso intervento di ripulitura. E gli affreschi restaurati a suo tempo sono oggi abbandonati nell'oscurità.
Eppure l'Antiporto di Camollia rappresenta un avamposto fortificato la cui costruzione risale al 1270. A lungo si è pensato che all'interno custodisse un affresco della scuola di Simone Martini, ma l'attribuzione appare infondata. Di sicuro l'ipotetica Assunzione della Vergine trecentesca avrebbe lasciato il posto all’affresco commissionato ad Alessandro Capolani nel 1585. Nel Seicento ne fu affidato il restauro ai fratelli Nasini stratificando altro intonaco e altre pitture. Con il bombardamento del 1944 l'intonaco si staccò riportando alla luce l'opera del Casolani.
Incuria e abbandono restano sulla coscienza dei senesi. Nei secoli si sono fatti tanti errori, come quello di lasciare che il traffico automobilistico attraversasse per tanto tempo l'Antiporto. O la cancellazione degli stemmi delle contrade dell'affresco del Nasini durante un restauro disgraziato. Pessimo destino dunque quello che ha caratterizzato l'Antiporto ma qualche anno fa l'amministrazione comunale aveva imboccato la strada giusta, con una timida valorizzazione del monumento. Timida perché purtroppo è durata poco. E i riflettori che avevano restituito dignità al “Portone dipinto” sono stati spenti da tempo.
Ecco, la soluzione immediata che potrebbe rappresentare un deterrente per occupazioni abusive sarebbero proprio quelle luci. Accendere di nuovo i riflettori all'interno e all'esterno dell'Antiporto potrebbe allontanare l'idea del comodo ripostiglio e al tempo stesso restituire all'arco l'esaltazione che merita. I senesi ricordano molto bene la suggestiva visione dell'Antiporto illuminato quando, superata la curva di Palazzo dei Diavoli, si imbocca il lungo rettilineo del viale Cavour con il monumento illuminato e affrescato sullo sfondo. Un molosso di grande impatto.
Accendere nuovamente l'arco sarebbe un bel biglietto da visita per chi arriva da nord e si prepara all'ingresso in città. La luce potrebbe veramente difendere dal degrado questa suggestiva "sentinella" che precede Porta Camollia. Non dimentichiamo che a due passi dall'Arco si trova la famosa Colonna del Portogallo, anch‘'’essa tristemente ignorata. Quella colonna commemora l'incontro che avvenne il 24 febbraio 1452 tra Federico III di Asburgo e Eleonora di Portogallo alla presenza dell'allora vescovo di Siena Enea Silvio Piccolomini. La scena è stata addirittura raffigurata dal Pinturicchio nella Libreria Piccolomini della cattedrale.
Arrivano notizie dal Comune che l’assessorato al degrado urbano abbia elaborato un progetto di riqualificazione. Ben venga, ma intanto riaccendiamo le luci. La gente del posto ha paura a passeggiare di notte in quell’area dove in estate si sono verificati anche episodi di spaccio.
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