La morte della diva
Pochi attimi ma sufficienti a rendere immortale un luogo, che di per sé ha sempre avuto un fascino unico. Fu così che comparendo nella scena finale de Il riposo del guerriero, film del 1962 diretto da Roger Vadim, Brigitte Bardot dette una luce tutta nuova all’abbazia di San Galgano. L’attrice, scomparsa ieri a 91 anni, impersonifica una giovane ragazza borghese che salva un giovane scrittore sull’orlo del suicidio, rompendo con il proprio ambiente per seguirlo in una relazione segnata da umiliazioni, infedeltà e passione distruttiva.
L’inquadratura si apre sull’esterno della basilica, per poi penetrare all’interno, catturando l’attrice con i capelli scompigliati dal sibilo incessante della tramontana. È qui che irrompe la colonna sonora di Michel Magne, un brano di chiara risonanza bachiana che amplifica l’intensità emotiva, mentre la scena transita fluidamente dalla notte al giorno.
L’attrice attende immobile presso l’abside, avvolta in uno scialle nero che ne accentua la figura misteriosa e composta. Lui irrompe dalla porta principale, elegante nel vestire ma segnato da una barba lunga – simbolo tangibile del suo tormento interiore. Avanza lentamente, poi esplode: da distanza urla di averla cercata per tutta la notte, senza sosta, confessando che la vita senza di lei è impossibile.
Culmine del pathos: l’uomo si inginocchia ai suoi piedi, gridando una dichiarazione d’amore totale e proponendole matrimonio. Lei resta muta, senza proferire parola, permettendo solo l’abbraccio mentre lui si perde in riflessioni filosofiche, dense di disperazione e redenzione. Una scena che, tra silenzi e clamore, incarna l’essenza del melodramma eterno. La pellicola vide protagonista anche San Gimignano.
Il rapporto di Bardot con la Toscana però non si esaurì qui, come racconta la sintonia speciale con Villa San Michele, a Fiesole. Residenza che l’artista francese apprezzo soprattutto per il giardino, oltre che per il cibo e le opere d’arte. In particolare a catturare la sua attenzione fu il glicine, pianta sensibile ed effimera originaria della Cina, che tappezza l’intera parete posteriore in cui ci ritrova all’ora del tramonto per gustare l’aperitivo e il panorama sulla città: passeggiando poi in salita verso Fiesole o in discesa alla volta di Coverciano se ne incontrano esemplari antichi e profumati capaci di stregare vista e olfatto.
Di quel passaggio rimane una foto che celebra la bellezza del luogo e della stessa Bardot. Lei che punta diritto l’obiettivo del fotografo, con sguardo intenso e capigliatura rigogliosa e al tempo stesso tiene in mano un mano la pianta che costeggia il mura.
E’ il 1962, lo stesso anno del film che la vide protagonista in Toscana, lanciando ancora di più, se possibile, l’ascesa verso i vertici dello star system internazionale.
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