Siena
Augusto Paolo Lojudice
La legge toscana sul fine vita non è illegittima, ma alcune disposizioni violano le competenze statali: così ha stabilito la Corte Costituzionale. Nel suo complesso la legge regionale è riconducibile all'esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e persegua la finalità di "dettare norme a carattere meramente organizzativo e procedurale, al fine di disciplinare in modo uniforme l'assistenza da parte del servizio sanitario regionale alle persone che chiedano di essere aiutate a morire", ma al tempo stesso umerose sue disposizioni hanno però illegittimamente invaso sfere di competenza riservate alla legislazione statale.
"Esprimo soddisfazione - ha commentato il governatore Toscano Eugenio Giani - per la pronuncia della Corte Costituzionale che, nelle caratteristiche di generalità rispetto al potere legislativo espresso dalla Regione Toscana, ci riconosce la legittimità e i contenuti sulla materia del fine vita, tema su cui si è registrata l'assoluta assenza dello Stato quando con sentenza 242/2019 la stessa Corte aveva invitato, a provvedere, il legislatore statale. Ora c'è un diritto delle Regioni a legiferare sul suicidio medicalmente assistito, la Toscana è stata la prima e invece il Governo chiedeva d'abrogare la nostra legge", ha concluso.
"La sentenza della Corte Costituzionale dimostra come avevamo già chiesto, l'urgenza di ripensare la legge sul fine vita coinvolgendo il Parlamento - è il pensiero invece del cardinale Augusto Paolo Lojudice (presidente della Conferenza Episcopale Toscana) - non crediamo - aggiunge il cardinale - nelle contrapposizioni, ma nel confronto aperto, schietto e democratico. Con questa sentenza non ci sono vincitori o sconfitti, ma solo la necessità di dialogo senza snaturare la posizione della Chiesa da sempre per la tutela della vita in ogni suo stadio". "Come vescovi toscani - conclude il cardinale - ribadiamo la necessità di avere norme nazionali ispirate al riconoscimento del valore della vita".
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