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Stasera su Rai3 "Buongiorno, notte", Bellocchio rilegge il dramma di Aldo Moro. La strage di via Fani e un popolare attore e doppiatore come testimone: "Il rumore assordante dei mitra, poi un silenzio pesante"

Il film ha ottenuto un rilevante successo di critica, venendo apprezzato sia dai parenti dell'ex presidente sia da alcuni ex brigatisti, come Gallinari e Morucci

Caterina Iannaci

11 Luglio 2025, 16:55

Buongiorno, notte

Rai 3, in onda Buongiorno, notte

Stasera Rai 3 ripropone Buongiorno, notte, capolavoro del 2003 firmato da Marco Bellocchio, un film che ha segnato profondamente il percorso artistico del regista di Bobbio e che torna alla ribalta dopo essere stato idealmente completato dalla serie tv Esterno notte. Attraverso uno sguardo personale e qualche libertà narrativa, il film racconta il dramma del sequestro di Aldo Moro, uno dei momenti più tragici e controversi della storia italiana, mettendo al centro la figura tormentata di Chiara, interpretata da una straordinaria Maya Sansa.

Ambientato nel 1978, il film ricostruisce la vicenda attraverso una combinazione di finzione e materiali d’archivio, alternando documenti televisivi d’epoca a scene che immergono lo spettatore nella claustrofobica realtà del covo brigatista. Chiara è una giovane bibliotecaria che, segretamente, fa parte della cellula delle Brigate Rosse guidata da Mariano. La sua doppia vita tra la routine quotidiana e l’impegno rivoluzionario si fa via via più conflittuale, mentre la prigionia di Moro si dipana tra lettere strazianti e comunicati farneticanti, in un clima di tensione e angoscia.

Maya Sansa e Roberto Herlitzka sono i protagonisti del film

Il film esplora con grande intensità il tormento interiore di Chiara, divisa tra la tentazione di una vita normale e la fedeltà a un ideale politico che si rivela sempre più fragile e disperato. Roberto Herlitzka, nel ruolo di Aldo Moro, regala un’interpretazione memorabile, premiata con David di Donatello e Nastro d’argento, accompagnato da un cast di grande spessore che include Luigi Lo Cascio, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno e Paolo Briguglia. Bellocchio costruisce un racconto che non si limita a ripercorrere i fatti storici, ma li rilegge attraverso una lente simbolica e metafisica, mettendo in scena un rito sacrificale che riflette le tensioni di quegli anni di piombo. La televisione, onnipresente nel covo, diventa un personaggio a sé, mescolando realtà e finzione e sottolineando il contrasto tra la Storia ufficiale e la quotidianità dei protagonisti.

La strage di Via Fani, la curiosità: un popolare attore e doppiatore ne fu testimone

La strage di via Fani in una foto dell'epoca

Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma Francesco Pannofino, noto doppiatore di celebrità come George Clooney e indimenticabile interprete del personaggio di René Ferretti nella serie Boris, ha un legame diretto con uno dei capitoli più drammatici della storia italiana: il sequestro di Aldo Moro. È il 16 marzo 1978 quando, all'età di soli vent'anni e studente universitario, Pannofino si trovava a pochi passi da via Fani a Roma, luogo dell’agguato delle Brigate Rosse che avrebbe sconvolto profondamente il Paese. In un'intervista concessa ad Antonello Piroso, l'attore ha rievocato con vivida intensità quei terribili momenti: "Cominciai a sentire i colpi". In quella drammatica giornata, l'automobile con a bordo Aldo Moro venne fermata da una vettura guidata da Mario Moretti, leader delle Brigate Rosse, mentre i terroristi, travestiti da piloti Alitalia, aprirono il fuoco con mitra implacabili. Pannofino ricorda il frastuono assordante, "un rumore più forte di un martello pneumatico, tra-tra-tra-tra-tà", e la scena surreale di una donna, colta dal panico, che tentava di fuggire proprio verso il luogo dell'attentato. "Alla fine scese un silenzio pesantissimo, una sospensione della realtà", ha narrato, descrivendo l'istante in cui si trovò di fronte a quella che definisce una mattanza.

Un giovane Pannofino fu tra i testimoni dell'agguato

Il giovane Pannofino si avvicinò ai corpi dei carabinieri colpiti, tra cui Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi, quest’ultimo morto in ospedale. “Vidi il corpo fuori dall’auto di uno dei carabinieri… Quei giornali un signore ha pietosamente coperto il corpo di Iozzino che era per terra, lì così”, ha ricordato con commozione. Quei pochi minuti, appena sessanta metri di asfalto, segnarono l’inizio di un incubo lungo cinquantacinque giorni che avrebbe diviso l’Italia.

Quell’esperienza ha segnato profondamente Pannofino, tanto da portarlo nel 2015 a testimoniare alla commissione parlamentare presieduta da Giuseppe Fioroni, che ha rivelato dettagli inediti e inquietanti su quei tragici momenti. Come ha sottolineato Gero Grassi, esperto del caso Moro, quel 16 marzo “non c’erano le Brigate Rosse, semmai c’erano anche le Brigate Rosse”, lasciando aperti interrogativi su possibili complicità esterne e circostanze ancora oscure.

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