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Siena

Mps nuovo cavallo di Troia della finanza?

Intrecci, strategie e la partita per il controllo di Mediobanca. L’inchiesta di Report riaccende i riflettori sul ruolo della banca senese

Andrea Bianchi Sugarelli

02 Giugno 2025, 21:27

Rocca Salimbeni Mps

Mps torna al centro delle inchieste televisive come vero e proprio grimaldello nelle mani dei grandi industriali e della politica, pronto ad aprire porte e portoni della finanza nazionale. A sostenerlo è il lungo approfondimento andato in onda domenica sera (1 giugno 2025) su Rai3 nel programma Report, firmato da Giorgio Mottola, che ha puntato i riflettori su alcune dinamiche finora rimaste in ombra e svelando come la banca più antica del mondo sarebbe diventata, ancora una volta, pedina chiave in una partita che si gioca ben oltre i confini di Siena. 

La miccia che avrebbe acceso questo nuovo risiko finanziario sarebbe l’impennata degli utili bancari, alimentata dalla crescita dei tassi d’interesse. In questo contesto favorevole, Mps si è scrollata di dosso anni di difficoltà, chiudendo il 2024 con ricavi per 4 miliardi, di cui oltre la metà – 2,3 miliardi – provenienti proprio dai margini di interesse. Numeri importanti per una banca che, solo pochi anni fa, arrancava sotto il peso delle sue stesse scelte, come l’acquisizione di Antonveneta nel 2008 e il successivo crack finanziario che portò al salvataggio pubblico nel 2017. 

Ma i numeri da soli non basterebbero a spiegare il nuovo ruolo di Mps. Report ricostruisce una trama fatta di relazioni, scelte politiche e interessi incrociati. Il vero obiettivo sullo sfondo sarebbe il controllo sul polo Assicurazioni Generali, la grande cassaforte dei risparmi italiani. Secondo l’inchiesta televisiva, la regia di questo disegno vedrebbe protagonisti grandi nomi dell’imprenditoria nazionale come Caltagirone e Delfin, affiancati da Banco Bpm e Anima, tutti già presenti nella compagine azionaria di Mps, Mediobanca e della stessa Generali. 

A dare slancio all’operazione sarebbe stata la cessione, lo scorso novembre, di una quota del Tesoro in Mps. Il collocamento, gestito da Banca Akros (controllata proprio da Banco Bpm), avrebbe permesso a pochi soggetti selezionati di consolidare la propria posizione nella banca senese, tagliando fuori altri potenziali investitori, tra cui – secondo quanto ricostruisce anche il Financial Times – lo stesso colosso Unicredit. In tempi normali, una vendita di questo tipo si sarebbe rivolta a un’ampia platea di investitori, ma questa volta la regia sembra essere stata piuttosto selettiva. 

Il risultato è che, oggi, Caltagirone, Delfin, Bpm e Anima detengono insieme una fetta importante di Mps, sufficiente a influenzarne le scelte strategiche. Un passaggio chiave, sempre secondo Report, per aggirare le limitazioni poste dalla Bce, che vieta a soggetti industriali privi di licenza bancaria di acquisire il controllo di un istituto di credito. Così, avere una solida posizione in Mps diventa la leva per tentare la scalata all’ex salotto buono della finanza italiana: Mediobanca. 

L’operazione, stando all’inchiesta di Report, sarebbe stata pianificata nei dettagli già dallo scorso settembre, con il placet della politica interessata a rafforzare la propria influenza nel settore assicurativo, soprattutto su Generali.  

Non è la prima volta che Mps si trova al centro di grandi manovre. Il ricordo della fallimentare acquisizione di Antonveneta è ancora vivo, ma questa volta lo scenario appare diverso: la banca senese, uscita dal tunnel con bilanci in salute, diventerebbe strumento e al tempo stesso bottino di una nuova alleanza tra finanza privata e potere istituzionale. Un’alleanza che punterebbe, denuncia Mottola nella sua inchiesta, a riscrivere gli equilibri del sistema bancario italiano, con la creazione di un “terzo polo” a trazione nazionale, in grado di contendere la leadership a Unicredit e Intesa Sanpaolo. 

L’obiettivo sarebbe chiaro: rafforzare la presenza sulla scena della grande finanza e, soprattutto, presidiare i centri nevralgici del potere economico nazionale. Ma il cammino non sarebbe privo di ostacoli. Il management di Mediobanca, storicamente sostenuto dal mercato, ha già dimostrato di saper respingere assalti esterni. E le regole fissate da Francoforte e Bruxelles sono lì a garantire che il gioco si svolga dentro confini ben precisi. 

In questo panorama, in base alla tesi di Report, Mps si riconfermerebbe il cavallo di Troia perfetto: alleato indispensabile per chi sogna di riorientare il timone della finanza italiana, ma anche testimone di quanto sia intricata la rete di rapporti tra potere economico, banche e grandi capitali nel nostro Paese. Un intreccio che, ancora una volta, avrebbe scelto Siena come palcoscenico di una partita tutta da giocare.

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