Economia
Brunello di Montalcino
L’impronta del Brunello c’è e si vede, se è vero che nel 2023 il valore alla produzione dei vini toscani legati alla Dop economy era di 1.164 milioni. I dati aggiornati, che saranno presentati mercoledì a Roma, si dovrebbero mantenere sostanzialmente in linea, confermando il traino di uno dei principali rossi italiani. Capace di generare, insieme al Rosso, un giro di affari tra 250 e 300 milioni, ripartito tra le cantine e tutto il corollario che nel corso degli anni si è formato attorno al prodotto. Declinato attraverso strutture ricettive, quasi 200 quelle presenti tra alberghiere ed extralberghiere, bar e ristoranti stellati. Eccellenze dove il Brunello è assoluto protagonista, nonché principale elemento attrattivo, al punto che per ogni bottiglia aperta l’impatto sul territorio è di 117 euro.
E in questo filone un ruolo importante lo recita anche il Rosso. Rispetto al 2023 questa denominazione può contare su 352 ettari in più, con l’obiettivo di arrivare a 6 milioni di bottiglie prodotte. Le vendite, di conseguenza, sono andate in crescendo, con un +29% rispetto all’anno passato. Altra dati incoraggianti arrivano dalle fascette consegnate (1,92 milioni), così come dagli imbottigliamenti, che dopo una flessione estiva, sono tornati a risalire quasi pareggiando i numeri del 2024.
Tutto ciò ha ricadute enormi sull’intera area, che sfrutta anche la vicinanza alle attrazioni della Val d’Orcia. Secondo le elaborazioni del Consorzio le presenze nelle strutture ricettive nel 2024 hanno sfiorato la quota record di 233 mila, il 6,3% in più rispetto all’anno precedente e quasi il 30% sul pre-Covid (2019). Dati che si consolidano nelle stime provvisorie del 2025: nei primi 2 quadrimestri, il trend presenze segna infatti un ulteriore +0,6%, con circa 130 mila presenze solo nel periodo maggio-agosto con una forte crescita della domanda proveniente da Francia, Est Europa, Cina e Regno Unito. Nel complesso gli stranieri sono il 71% con presenze trainate dagli statunitensi ma in forte crescita anche Sud Corea e Cina.
Secondo l’analisi, l’enoturista-tipo soggiorna in media per 2,4 giorni soprattutto in esercizi extralberghieri (74% delle presenze), e per quasi 2/3 di essi proviene da aree extraeuropee. Negli ultimi 5 anni la crescita è stata trainata non solo dagli Stati Uniti (+47%, a 50 mila presenze nel 2024), di gran lunga primo incoming turistico straniero, ma anche da Paesi dell’Est Ue (+87%), di Far East e Oceania con Australia, Sud-Corea e Cina con crescite lievitate dal 61% al 115% dal 2019 a oggi. Ben superiori alla media (+27,4%) anche i trend di ospiti meno esotici, come Spagna (+108%), Polonia (+89%) e Francia (+43%). La speciale classifica per presenze dai cinque continenti vede comunque in testa i turisti italiani (29% la quota sul totale pernottamenti), seguita da statunitensi (21%), tedeschi (9%), brasiliani (5,3%), inglesi e canadesi.
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