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Gli agricoltori senesi in piazza a Bruxelles

Il grido della delegazione Cia: "Agricoltura non si svende, con riforma Pac a rischio aziende"

Caterina Iannaci

18 Dicembre 2025, 13:50

Delegazione Cia Siena

Gli agricoltori senesi a Bruxelles

“Siamo in piazza per dire no a un’Europa che svende l’agricoltura, mette le armi davanti al cibo, compromette la sicurezza alimentare dell’Unione e rischia di far chiudere, solo in Italia, oltre 270mila aziende del settore, comprese quelle del nostro territorio. È inaccettabile: o arriva una scossa politica forte e un cambio di rotta deciso o si condanna il nostro futuro”. Questo l’appello del presidente di Cia Agricoltori Italiani Siena, Federico Taddei, dalla grande manifestazione a Bruxelles, insieme alla delegazione della Cia senese - con 10mila produttori e centinaia di trattori provenienti da ogni parte del continente.

In prima linea la folta delegazione Cia, riunita sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, con cartelli che parlano chiaro: “Pac post 2027: non è una riforma, è la fine dell’agricoltura”, “Agricoltori senza Pac, Europa senza cibo” e “Terra chiama Ursula, la sicurezza siamo noi”. Una presa di posizione netta, a tutela di tutti i cittadini europei, contro la proposta della Commissione targata von der Leyen, che vuole tagliare le risorse del 22%, sottraendo all’Italia 9 miliardi di euro, e far confluire la Pac in un fondo unico, generando competizione tra settori, mettendo a rischio il mercato comune e colpendo al cuore il sistema produttivo europeo e nazionale.

“Non è una riforma tecnica, è un vero e proprio cambio di paradigma” – sottolinea il presidente Cia Siena, Federico Taddei, presente a Bruxelles -. La Pac è la politica più antica, più solida e più europea che esista. Ha garantito per oltre 50 anni stabilità, reddito, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Smantellarla significa indebolire l’Europa. Una scelta che appare ancora più miope e pericolosa se letta nel contesto globale. Non possiamo permetterci che l’Ue disinvesta sull’agricoltura - evidenzia Taddei - mentre gli altri grandi attori mondiali, dagli Stati Uniti alla Cina, stanziano risorse sempre più importanti a difesa e sostegno del settore primario.

È in questo scenario che si inseriscono anche le altre ragioni della mobilitazione, dalla richiesta di una linea europea più ferma sugli accordi commerciali, per contrastare la concorrenza sleale e garantire reciprocità nelle regole e nei controlli, fino alla necessità di una semplificazione reale che liberi le imprese agricole da burocrazia e vincoli inutili.

Un allarme che non è solo politico, ma supportato da dati concreti. Secondo le stime di Cia, infatti, se confermata, la proposta di riforma della Pac post 2027 con meno risorse e fondo unico potrebbe avere effetti devastanti per l’agricoltura italiana, mettendo a rischio la sopravvivenza di 270mila aziende del settore, pari a quasi un terzo del totale (31,65%), a partire dalle più piccole e vulnerabili. Le conseguenze sarebbero diffuse su tutto il territorio: -26% al Nord, -33% al Centro e fino al -51% al Sud, colpendo in modo particolare le aree rurali e interne e aggravando divari economici e sociali già profondi. Guardando ai singoli comparti, il prezzo più alto ricadrebbe sui seminativi (-64%), sull’olivicoltura (-27%) e sulla zootecnia (-5%).

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