Siena
Sonia Maggi
Il mio primo Palio da giornalista. E chi se lo ricorda? È successo nel "giurassico" (fine anni Settanta) e nemmeno rammento chi ha vinto. Con l'età la memoria sbiadisce e io, pur avendo lavorato a dozzine di Palii - con una media di due all'anno per quasi cinquant'anni straordinari esclusi - non ho mai memorizzato la cronaca della corsa, poco il nome dei cavalli salvo casi eccezionali. Professionalmente però, esiste un sistema di archiviazione che ti riporta subito al pezzo. Oggi, grazie alla tecnologia. Ieri alla memoria dei paliofili per eccellenza. Figure mitiche, vere e proprie enciclopedie del Palio di Siena. Penso con nostalgia al bravissimo Giulio Pepi, critico e brontolone di fronte al più ingenuo sfondone paliesco.
Poi è arrivato il mio impegno in radio e televisione locali, Antenna Radio Esse e Tvs, e lì ci dovevi mettere la faccia. Ci sono sempre andata cauta perché scrivere di Palio non è affatto semplice. Sebbene la si consideri pratica ripetitiva e sempre uguale a se stessa serve modestia, prima di tutto. Esiste una ritualità anche nel lavoro del giornalista da Palio, quello della carta scritta, perché online e in video è tutto diverso. Chi mette nero su bianco ha una responsabilità più pesante in caso di errori e castronerie. E un tempo posso assicurare che non la passavi mai liscia perché ogni errore, seppur commesso involontariamente, veniva letto come un affronto. La par condicio fra contrade rivali non era mai abbastanza e rivelare un segreto veniva recepito come uno sgarbo da vendicare.
Oggi le telecamere mostrano tutto, anche troppo, e il Palio non sfugge più al controllo esterno. Ma fino all'altro ieri si è messa in pratica una tutela accurata e complice di quel sommerso che tutti conoscono ma che deve restare nell'ombra. Per non parlare dell'uso sbagliato del vocabolario paliesco. Ne sanno qualcosa i giornalisti di testate nazionali additati per l'uso "corretto" dell'italiano che a Siena diventa eresia, come definire cavaliere un fantino. Ho vissuto momenti di forte mortificazione per aver cambiato sesso al mitico cavallo Careca, o per aver elogiato un sorpasso in corsa... La casistica sarebbe lunga, e ciò che non mi ha mai abbandonato nonostante l'esperienza è la scossa di adrenalina che provi quando affronti la corsa del Palio. Una cronaca che mette alla prova sempre e comunque tutti i cronisti, sia a livello parlato che scritto. Ma in particolare i giornalisti senesi che non possono sbagliare, non devono esprimere giudizi troppo soggettivi per non far torto a nessuno ed è davvero difficile quando il cuore pulsa per la tua contrada.
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