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La Festa

Il Palio di Siena di 100 anni fa: polemiche, cadute, alla fine il trionfo del Valdimontone con Picino di fronte a Re Vittorio Emanuele III

Una Carriera ricca di imprevisti, tra dimissioni inattese, rinvii e problemi di maltempo: il racconto

03 Luglio 2025, 07:08

Picino

Il fantino Angelo Meloni detto Picino

Il Palio di luglio di cento anni fa fu corso alla presenza del Re Vittorio Emanuele III e delle figlie Mafalda e Giovanna, visita che, come vedremo, avrà un impatto importante sugli esiti della carriera.

La viglia fu caratterizzata dalla complicata ricerca del nuovo Mossiere a causa delle dimissioni inattese dell’esperto Venturino Benvenuti a cui seguirono vari rifiuti, tra cui quello di Amerigo Pellegrini, direttore della Polizia Municipale già sul verrocchio per sei volte fino al 1907.

Paradossale il tentativo di richiamare in extremis il Benvenuti il quale accettò con la condizione di dare la mossa solo per la Prova Generale e per il Palio cosa che irritò non poco il Comune che affidò poi l’incarico, a soli quattro giorni dalla tratta, al debuttante Adolfo Ponticelli.

Il maltempo cominciò a condizionare il Palio già dalla tratta che venne rinviata al pomeriggio del 29 giugno per l’incessante pioggia caduta sin dal giorno precedente.

Furono presentati diciannove cavalli, divisi in quattro batterie, i migliori vennero assegnati alla Lupa, la portentosa Fanfara già tre volte vittoriosa; al Montone, l’anziana ma veloce Lola che aveva vinto nell’agosto 1923; alla Giraffa, lo scattante Fiorello buon protagonista nelle carriere del 1924.

Il resto dei barberi prescelti sembrava nettamente inferiore ai tre sopra citati.

La prima prova fu corsa a ridosso dell’assegnazione e fu caratterizzata da un ritmo blando, dettato dall’estrema prudenza dei fantini visto le precarie condizioni del tufo.

Le monte delle favorite, Montone e Lupa, si assestarono subito: nei Servi tornò, a distanza di quindici anni dalla vittoria del luglio 1910, il blasonato Picino; in Vallerozzi venne offerta l’occasione della vita ad Angelo Rossi, un maremmano che aveva debuttato l’anno prima.

Molto più complicata la scelta della Giraffa che, dopo aver alternato ben quattro fantini, puntò su Randellone, nel complesso durante le prove solo la Lupa ed il Nicchio non cambiarono mai la monta.

Da registrare anche qualche acciacco per i cavalli della Civetta e della Lupa che furono esentati per alcune prove.

Il giorno del Palio il tempo incerto aumentò concretamente il rischio del rinvio ma la presenza dei Reali non fece prendere minimamente in considerazione questa ipotesi, nonostante le proteste, a dir vero pacate, di alcuni capitani preoccupati dalle precarie condizioni del tufo.

Dopo un Corteo Storico, particolarmente apprezzato dagli illustri ospiti, entrarono tra i canapi nel seguente ordine: Bruco con Porcino; Istrice con Bubbolo; Lupa con Angelo Rossi; Valdimontone con Picino; Civetta con Garibaldi; Nicchio con Memmo; Aquila con Cispa; Giraffa con Randellone; Drago con Nello Magnelli e Torre con Pirulino.

Fin da subito il cavallo dell’Istrice, ritenuto da tutti il peggiore, diede segni di grande irrequietezza mettendo in difficoltà il navigato Bubbolo.

Il Mossiere Ponticelli fu comunque abile a gestire le difficoltà e colse il momento giusto per dare il via con la Lupa prontissima a scattare al comando seguita, a breve distanza, dal Montone e dall’Aquila.

Al primo San Martino, per via del tufo scivoloso, vi fu un rallentamento generale che aprì una lunga sequenza di cadute soprattutto nelle posizioni di rincalzo.

Per la Lupa si profilava un Palio di testa favorito anche dalle tante nerbate scambiate tra il Drago e la Torre che inseguivano insieme all’Aquila, mentre iniziava ad emergere dal gruppo il Meloni, rimasto fino ad allora attendista.

Nel secondo giro si fece sotto Cispa e forse intimorito da questa inattesa progressione dell’Aquila il fantino della Lupa girò male al Casato cadendo così come, più dietro, il Drago e la Torre.

Per l’Aquila si aprì la prospettiva di una vittoria inattesa ma Cispa non aveva fatto i conti col Picino la cui enorme esperienza risultò il valore aggiunto per affrontare al meglio una pista ormai scivolosa ed insidiosa in ogni metro.

Il fantino del Montone affiancò quello dell’Aquila all’ultimo passaggio davanti al Comune e rasentando lo steccato effettuò, poco dopo, il sorpasso decisivo vincendo abbastanza nettamente.

Per onore di cronaca va riportato che alcuni resoconti dell’epoca divergono in alcuni dettagli, in particolare non viene fatta menzione della caduta della Lupa, data fra le protagoniste fino all’arrivo e si accenna ad una caduta al canape della Giraffa, tant’è che la sostanza rimane comunque inalterata con il Montone del Capitano Nello Ballati di nuovo vittorioso, dopo soli tre anni e col Picino giunto al suo decimo successo.

Le tante cadute, cinque o sei in base alle varie versioni, situazione rara per quell’epoca, crearono alcune polemiche, sicuramente la presenza della Famiglia Reale non favorì la scelta, più che giustificata, di rinvio e l’esperienza di Picino fu determinante, con la sua condotta attenta e misurata, rispetto a quella più spregiudicata di Angelo Rossi.

Il Montone festeggiò la vittoria il 20 settembre con una cena sontuosa a cui parteciparono più di duecento entusiasti commensali.

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