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Siena

Andrea Zanotti: "Quando ho ricevuto la chiamata della Mens Sana non ho chiuso occhio tutta la notte"

Intervista all'assistente allenatore del team biancoverde

Matteo Tasso

09 Ottobre 2025, 12:57

Andrea Zanotti

Andrea Zanotti

Dalla Mens Sana, alla Mens Sana. Andrea Zanotti, senese e istriciaiolo purosangue, è l’assistant coach della Note di Siena ‘25/’26 ed è uno di quelli che il biancoverde se lo portano dentro il cuore, da sempre: è stato un tifoso di accesa passione fin dai primi anni Ottanta, quando giovanissimo era in prima fila nel Terrazzino dietro lo striscione del Basket Club La Verbena, lo è rimasto oggi seppur il ruolo gli imponga massima concentrazione sul lavoro settimanale in palestra e, alla domenica, su ciò che succede in campo.

Zanotti, partiamo proprio dal campo: come stanno andando le cose in casa-Mens Sana?

“La prima contro La Spezia ci ha visti saper gestire le difficoltà, il nervosismo e l’emozione. Avevamo qualche problema di infermeria e poi non nascondiamo il fatto che per una squadra di ragazzi molto giovani come la nostra, assolutamente non abituati a recitare su un palcoscenico davanti a più di mille tifosi, l’emozione è stato un elemento col quale fare i conti: bravi tutti a rimanere lì con la testa dopo il -10 iniziale e poi a sciogliersi facendo venir fuori le nostre caratteristiche, oltretutto al cospetto di un avversario che veniva da un grande precampionato”.

Entusiasmo e ribalta, poi il turno di riposo. Come si riaccendono i riflettori?

“Giocare fa sempre bene, ma il campionato prevede anche questo e una sosta, prima o poi, tocca a tutti. Abbiamo lavorato per recuperare al meglio i giocatori non al top della condizione, qualche problema purtroppo c’è sempre ma è inevitabile che sia così dopo nemmeno quindici giorni dall’inizio del campionato e con nelle gambe una preparazione estiva molto impegnativa”.

Avete chiesto molto impegno, in estate, al gruppo?

“Abbiamo chiesto tanto ai ragazzi, è vero, e mi ha colpito molto la loro capacità di recepire tutti gli stimoli. Come si dice in gergo, hanno alzato l’asticella, perché in larga parte non erano abituati a lavorare con quei ritmi, ma non hanno mai battuto ciglio nel mettersi in discussione”.

Con coach Federico Vecchi vi eravate già conosciuti prima di questa esperienza biancoverde?

“Abbiamo riscoperto di esserci affrontati alle finali nazionali Cadetti di Porto Sangiorgio, qualche anno fa. Io allenavo la Virtus Siena, lui era nello staff della Virtus Bologna: ci dettero un trentello. La conoscenza vera e propria è di questa estate, fin dai primi colloqui abbiamo parlato la stessa lingua, anche perché ci caratterizzano le esperienze nei settori giovanili. Le sue, ovviamente, a ben più alto livello”.

A proposito dell’estate, ci racconta come ha vissuto emotivamente la chiamata della Mens Sana?

“Un’emozione, appunto, pazzesca. Dopo aver ricevuto la chiamata di Riccardo Caliani non sono riuscito a chiudere occhio per tutta la notte: da quel momento in poi è stato un susseguirsi di sensazioni forti, penso alla presentazione della squadra, alla prima Verbena sentita intonare da tutto il palasport, soprattutto al groppo alla gola che mi è venuto quando abbiamo avuto l’incontro con i tifosi del Settorino. Per la verità avevo ricevuto una proposta anche in passato, qualche anno fa, ma non me la sentii di prendere un impegno così grande avendo contemporaneamente da portare avanti il mio incarico in Contrada”.

Le hanno ritagliato addosso una battuta molto significativa: “da tifoso a tifato”…

“Una battuta che riecheggia sempre nella mia mente, si ripresenta spesso”.

Anche perché nella memoria dei tifosi, magari quelli non più giovanissimi, Andrea Zanotti è in curva e indossa una maglia che siamo in molti a invidiarle, ancora oggi…

“La canotta verde col numero 11 e la scritta trasversale Sapori in rosso, quella di George Bucci. L’avevo addosso per la storica promozione in A2 con Dado Lombardi in panchina, a Barcellona per la prima Final Four di Eurolega, anche in occasione di buona parte delle vittorie degli scudetti: sono tutte giornate indimenticabili”.

Ci tranquillizzi, quella maglia gode ancora ottima salute, vero?

“Sì sì, gode ancora ottima salute. La ebbi proprio da Bucci, ai tempi in cui facevo minibasket, capitava, all’epoca, che qualche giocatore della prima squadra desse una mano ad allenare i ragazzini che iniziavano a prendere confidenza col pallone e i canestri: ero uno di quelli, ma la mia carriera di cestista fu brevissima, ricordo ancora un terzo tempo clamorosamente sbagliato al palasport, il giorno dell’inaugurazione dell’impianto, durante l’esibizione di noi ragazzini davanti a tutto il pubblico”.

È andata decisamente meglio in panchina, con la Virtus Siena ha vinto un paio di campionati e messo il sigillo pure sulla permanenza in B1…

“Iniziai grazie ad Augusto Mattioli, che conoscevo per motivi contradaioli e anche cestistici e che mi portò proprio alla Virtus: prima il minibasket, poi il settore giovanile facendo da vice al compianto Mario Bruni, a Leonardo Frati, Lorenzo Bicchi e Marco Collini, che mi chiamò a fargli da assistente dopo la promozione della prima squadra in C1. A lui devo moltissimo in termini umani e di conoscenza del gioco, assieme abbiamo fatto quelle due promozioni, portando la Virtus in B1”.

Categoria, la B1, nella quale si ritrovò a fare da vice proprio a quel Dado Lombardi che citava prima. Che ricordi ha?

“Personaggio incredibile, stupendo, ma anche eccezionale conoscitore del basket in tutte le sue sfumature. Arrivò a metà di un’annata non facile, con De Raffaele che si era gravemente infortunato, i risultati che non venivano e la classifica che ci vedeva in piena zona retrocessione: a pagare per tutti, purtroppo, fu proprio Marco Collini che venne esonerato. Dado inizialmente aveva un accordo con la Virtus per fare il direttore sportivo, non il capo allenatore, ma dopo il secondo esonero, quello di Djukic che era subentrato a Collini, tutti si aspettavano che fosse il suo momento; nella settimana prima della partita dentro-fuori a Padova gli offrirono invece la panchina di Jesi in A2 e questo gli fece mettere in piedi una delle sue proverbiali furbate. Prese tempo dicendo alla società marchigiana che avrebbe accettato se avessimo perso quella partita, di fatto spedendo il sottoscritto a prendersi tutte le responsabilità mentre lui, dalla tribuna, dirigeva le operazioni”.

Ci fu piena sintonia?

“Lo mandai a quel paese a metà partita, quando me lo vidi piombare quasi in campo perché in disaccordo sull’impiego di Loriga, un giocatore che a lui non piaceva. In panchina con me c’era Andrea Giustarini, al quale un attimo prima del cambio avevo annunciato che quella sostituzione non sarebbe stata gradita, dietro di noi il povero Marco Pisani si mise le mani sugli occhi cercando di non incrociare lo sguardo di Dado, che intanto stava sbraitando a più non posso, ma alla fine vincemmo, agganciammo la seconda fase e Lombardi, che ovviamente negli spogliatoi era in prima linea a festeggiare, rifiutò Jesi. Lì però vennero fuori tutto il suo carisma e tutta la sua qualità: vincemmo sette partite di fila, entrammo nei playoff e per poco non eliminammo Vigevano”.

Si narra di giocatori lasciati fuori dal pullman e minacciati di tornare a casa a piedi…

“Confermo, successe a Pesaro. Perfetta parità, sull’ultimo possesso prendiamo fallo e andiamo in lunetta per vincere: Gaeta fa 0 su  2 e dopo la partita Lombardi non lo fa salire in pullman, dicendogli di tornare a Siena a piedi. Dopo tre chilometri il pullman tornò a riprenderlo, ma solo perché la partita poi l’avevamo vinta, ai supplementari”.

Lei ha allenato anche a Poggibonsi e poi nell’altra senese, il Costone…

“Sì, mi aveva chiamato Piero Franceschini per fare il vice a Daniele Ricci, erano gli anni in cui si stava costruendo il palazzetto a Montarioso. Diventai poi capo allenatore e lo rimasi per alcune stagioni: purtroppo fallimmo una promozione diretta per il quoziente canestri dopo un arrivo a pari punti in tre squadre, in un’altra occasione a Sassari, dopo una trasferta logisticamente molto complicata e una partita rimessa in piedi risalendo da -20, il tiro che ci avrebbe fatto salire di categoria girò più volte sul ferro e uscì. Sono comunque rimasto al Costone a lavorare con le giovanili, come poi, negli ultimi anni, ho fatto per la Mens Sana”.

Torniamo all’oggi e alla Mens Sana, dove fa parte di uno staff tecnico numericamente da società di livello professionistico. Come si lavora in un simile contesto?

“Le cose da fare sono tante, non essendo nessuno di noi professionisti, a parte ovviamente il coach, ci siamo divisi i compiti: è una bella struttura, Andrea Innocenti ha il compito di scoutizzare gli avversari, e poi ci sono Diego Pasquinuzzi e Niccolò Labardi, che si alternano tra mattina e pomeriggio, portando avanti contemporaneamente pure il loro impegno con il settore giovanile”

Dove può arrivare la Note di Siena?

“Ci sono squadre più attrezzate della nostra, in termini di budget oltre che di parco giocatori, e questo almeno in partenza mi convince che sia giusto rimanere con i piedi per terra: fisso come obiettivo la parte sinistra della classifica, augurandomi chiaramente di essere il più in alto possibile. Ho però sempre detto a tutti che in questo momento per la Mens Sana il risultato più grande sarebbe ricreare attorno a sé un entusiasmo ancora superiore a quello che nel tempo è tornato a seguirne le vicende: la fiamma è sempre rimasta accesa grazie a chi l’ha tenuta viva in questi anni, farla divampare è la nostra ambizione”.

Come si ricrea questo ulteriore entusiasmo?

“Certamente con le vittorie, ma anche con il modo in cui stai in campo. Nello spogliatoio è stata appesa la stampa di un post dell’associazione Io Tifo Mens Sana sul quale era scritto “ci piace vincere, ma soprattutto vedere gente che sputa sangue per la maglia”. La storia della Mens Sana, del resto, si caratterizza da sempre per questo”.

Domenica trasferta a Borgomanero. Che avversaria vi troverete davanti?

“Una buona squadra, molto giovane e che gioca a ritmo molto alti. Hanno buonissimi elementi reduci dalla finale nazionale Under 19 Eccellenza, cito su tutti il playmaker Gaiola, e aggiungono un cestista di grandissima esperienza come Benzoni, al quale non puoi lasciare mezzo metro altrimenti fa sempre canestro. Avversaria da prendere con le molte, anche perché difficile da scoutizzare, non esprimendo un basket molto tattico”.

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