L'intervista
Matteo Betti
L’emozione di essere l’ultimo tedoforo nella tua città non può non rimanerti dentro. L’ha vissuta, lo scorso 10 dicembre, lo schermidore Matteo Betti che ha acceso il braciere olimpico che era stato sistemato ai giardini della Lizza. Betti, che fa parte del Gruppo sportivo paralimpico della Difesa, è un atleta eccezionale e ha già vissuto cinque edizioni dei Giochi paralimpici, conquistando due medaglie: il bronzo nella spada a Londra nel 2012 e l’argento nel fioretto a Parigi nel 2024. Ha in bacheca una miriade di medaglie conquistate ai Campionati italiani, e poi undici medaglie ai Campionati europei e lo stesso numero ottenuto anche ai Campionati mondiali. Arrivato a quarant’anni di età Betti analizza ora la situazione anno per anno: si pone obiettivi per il 2026, ma è indubbio che il suo pensiero vada anche più in là, a Los Angeles, dato che in California nel 2028 lo schermidore senese potrebbe arrivare a disputare la sua sesta edizione delle Paralimpiadi. Intanto si gode le festività natalizie, ripensando anche alla tappa senese del viaggio della fiamma olimpica per la Penisola prima di arrivare a Milano Cortina.
Matteo Betti, quali emozioni ha provato a essere l’ultimo tedoforo nella sua città?
"È stata una bellissima giornata, ho provato un’emozione che mi mancava da vivere. Nessuno sapeva chi sarebbe stato l’ultimo tedoforo della giornata e avrebbe acceso il braciere, me l’hanno detto all’ultimo momento ed è stata quindi un’emozione ancora più grande. Vedere tutte quelle persone alla Lizza è stato fantastico, penso di poter dire che le emozioni sono state più grandi almeno di un paio di cerimonie dei Giochi alle quali ho partecipato".
Siena ha risposto alla grande a quella giornata, non crede?
"Sì, devo dire di sì. Si respirava un’atmosfera particolare, tanti sono venuti apposta per vedere il passaggio della fiamma olimpica. Quella enorme partecipazione mi ha veramente sorpreso".
Essere l’ultimo tedoforo è anche un riconoscimento per la sua grande carriera sportiva.
"Ne sono felice, è stato molto bello. E la mia carriera sportiva non è ancora conclusa, ci sono tante cose da fare".
Quali sono i suoi obiettivi per il 2026?
"Vorrei confermare il titolo italiano che ho vinto lo scorso maggio proprio a Siena. A ottobre, poi, ci saranno i Campionati europei a Cardiff, che sono anche la prima tappa di un lungo percorso che porterà fino a Los Angeles nel 2028. Quest’anno ho festeggiato i quarant’anni di età: arrivati a questo punto voglio darmi degli obiettivi anno per anno, senza pensare troppo in là nel tempo. Intanto, dunque, penso al 2026; prima di Los Angeles c’è ancora tanto tempo".
In California potrebbe disputare la sua sesta edizione delle Paralimpiadi: ma la sua carriera è già piena di trionfi e di emozioni vissute...
"Se mi guardo indietro non cambierei nulla. Credo che anche il quarto posto ai Giochi a Tokyo, che è stato un momento veramente amaro, sia stato invece poi molto importante per poter conquistare l’argento nei Giochi successivi, a Parigi. In carriera ho conquistato medaglie ai Giochi, ai Campionati italiani, agli Europei e ai Mondiali, ma soprattutto in gara mi sono sempre divertito. Finché proverò questo divertimento ritengo giusto andare avanti".
È difficile fare una “classifica emotiva” dei momenti vissuti, ma le situazioni più intense le ha vissute quando ha conquistato il podio paralimpico?
"Londra e Parigi sono state due situazioni differenti, per età e anche per le diverse discipline nelle quali gareggiavo. A Londra conquistai il bronzo nella spada, ma in tutta la carriera avevo inseguito la medaglia nel fioretto. Prima di Parigi dissi che partivo per la Francia per divertirmi e per godermi i Giochi, che potevano essere gli ultimi per me da atleta. Ero meno carico di pressione, e alla fine per me Parigi è stata la chiusura di un cerchio, con la medaglia d’argento proprio nel fioretto".
Lei è un atleta ma sta già vivendo anche il contesto della politica sportiva: sarà quello il suo futuro?
"Sono stato delegato provinciale del Comitato paralimpico e nello scorso mandato sono stato nel Consiglio paralimpico nazionale, con presidente Luca Pancalli. A 40 anni sto pensando anche a quella che sarà la mia vita quando non sarò più un atleta, e al riguardo non ho preclusioni. Sto seguendo il corso per istruttore di secondo livello e sto facendo il tirocinio per poter poi fare l’esame. Ho tanta esperienza e mi auguro che in futuro possa fare comodo anche per altri".
In tanti già la vedono come un simbolo e un esempio per tutto quello che ha fatto: come vive questo suo ruolo?
"Lo vivo con molta leggerezza, non do lezioni a nessuno. Tante volte mi capita di parlare di persone e con ragazzi più giovani, io racconto quella che è stata la mia esperienza".
L’interesse e l’attenzione verso le Paralimpiadi sono enormemente cresciuti negli ultimi anni: come ha vissuto questo grande cambiamento?
"Devo dire che l’ho vissuto in pieno. Sono andato a Pechino dove disputai la mia prima edizione dei Giochi paralimpici e quando tornai a Siena nessuno ne sapeva niente, e io raccontavo ciò che avevo vissuto. A Parigi, invece, tante persone si sono sintonizzate in televisione perché sapevano che quel giorno a quell’ora avrei tirato. In sedici anni siamo passati dall’anonimato a un pari interesse tra Giochi olimpici e Giochi paralimpici. Il cambiamento è stato enorme, e si deve anche al grandissimo lavoro che è stato effettuato da Luca Pancalli. È cambiato il contesto sportivo e culturale italiano: oggi i gruppi sportivi delle forze armate si “contendono” i maggiori atleti paralimpici. Anche a Siena l’interesse e l’attenzione sono assai rilevanti: a tal proposito, voglio anche ringraziare l’associazione Arturo Pratelli che ha deciso di devolvere il ricavato del contest da loro organizzato all’associazione All Inclusive, della quale faccio parte".
Quale tipo di lavoro va fatto in futuro?
"Credo che ora si debba lavorare per allargare la base e per far sapere alle persone che il Comitato paralimpico non tratta solamente l’alto livello, ma è per tutti. È fondamentale sapere che si può fare sport con qualsiasi disabilità".
Quali sono i suoi auspici per il 2026?
"Ai ragazzi del Cus ho detto che dovrebbero augurarsi di fare tanto sport e di farlo il più possibile con passione e divertimento. I risultati arriveranno di conseguenza".
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