L'intervista
Giancarlo Brocci, padre de l'Eroica
Il padre de l’Eroica, la cicloturistica più famosa del mondo che attira ogni anno migliaia di sportivi a Gaiole in Chianti e diventata un brand iconico mondiale capace di riscoprire il valore del ciclismo d’epoca e la bellezza delle strade bianche, ha un nome e un cognome: Giancarlo Brocci.
Gaiolese doc classe 1954, si deve a lui l’invenzione lungimirante di una corsa non competitiva che ha di fatto contribuito a creare un segmento sportivo e turistico di grande richiamo che arricchisce sempre di più il territorio e gli dà lustro internazionale, ed ha recuperato un patrimonio ambientale, quello delle strade sterrate.
Giornalista, scrittore, organizzatore di eventi sportivi, Brocci è stato anche calciatore, arbitro, medico e dirigente dell’Usl. È da un’idea assolutamente romantica, coniugata alla necessità di rilancio del territorio dove è nato e vissuto, che è partita un’avventura straordinaria che di anno in anno ormai macina record e consensi e ha di fatto restituito il sapore autentico del ciclismo alla gente. A Brocci si deve anche la progettazione dell’Eroica per professionisti poi divenuta l’attuale Strade Bianche, una delle più importanti gare del calendario internazionale, e l’ideazione del Giro Bio, il giro d’Italia dei dilettanti. Una vita, quella di Brocci, intensa e segnata dai viaggi e dalla passione dello sport. Lui stesso ci racconta gli esordi di una intuizione che ha cambiato per sempre il ciclismo e anche il territorio senese.
Quando e come è nata quest’idea rivoluzionaria?
"Nei primi anni Novanta: dietro ci sono due atti d’amore. Il contesto era quello di piccole realtà come Gaiole in Chianti da dove la gente se ne andava e perdeva abitanti a favore delle città, ma che non poteva diventare certo una brutta periferia, un dormitorio. Da appassionato di sport e ambiente ho pensato all’idea di un parco ciclistico del Chianti, e ne parlai per la prima volta in un articolo sul mensile senese Mesesport, diretto da Mario Ciani, nel 1993: fare di un’area scansata dalle grandi linee di comunicazione, dove ci si doveva venire apposta, un luogo dove andare in bici, immersi nel paesaggio, senza traffico pesante. Partimmo con l’organizzazione della Granfondo Gino Bartali, il 23 luglio del 1995, c’erano 130 persone. Nel 1997 arrivammo a 520 partecipanti e fu proposta per la prima volta l’idea dell’Eroica, una manifestazione gratis “bonus” per chi era iscritto alla Granfondo, che come obiettivo voleva riportare il ciclismo sulle strade bianche ormai scomparse, che anzi erano indice di zone depresse. Avemmo un buon impatto finendo sulle copertine delle principali riviste di settore, che apprezzavano il lato coreografico della corsa".
Quali sono stati i passaggi storici che hanno dato lo slancio decisivo?
"Il primo è quando avemmo l’attenzione di Fiorenza Guerranti delle Terre di Siena: gli piaceva l’abbinamento turismo e bicicletta, mi chiese di proporre qualcosa che poteva abbracciare tutta la provincia e non solo il Chianti e l’idea del parco ciclistico, dunque anche Montalcino, Valdarbia, Crete e Valdorcia. Da qui nacque il percorso che è poi quello di oggi, da oltre 200 chilometri. Il secondo step, nel 2004, fu l’arrivo dello sponsor di Selle Royal, che produceva le selle di cuoio delle biciclette di Coppi e Bartali: grazie a questa partnership vennero a Gaiole 15 giornalisti dall’estero e il racconto dell’iniziativa ebbe riscontro internazionale nelle riviste di ciclismo. E ricordo bene quando mi dissero: se non ci fosse stata l’Eroica, l’avremmo inventata noi. Il terzo passaggio chiave fu nel 2005, quando venne all’Eroica il presidente della Regione Toscana Claudio Martini. Fu conquistato dai messaggi recepiti, in particolare quello della preservazione delle strade bianche, e seduti a prendere un caffè – c’erano anche l’ex presidente della Federazione ciclistica italiana Renato Di Rocco ed Ernesto Rabizzi, vice presidente di Mps - mi chiese di portare la gara professionistica: il 9 ottobre 2007 si corse la prima Montepaschi Eroica, fu lo sdoganamento mondiale dell’idea delle strade bianche come elemento tecnico in gara. Divenne poi la attuale Strade Bianche, nascendo a corollario dell’Eroica".
Su come è evoluta la faccenda, non ha mai nascosto un certo rammarico...
"Dico solo che il successo del cicloturismo nella provincia porta oggi 26 mila partecipanti nelle cinque principali manifestazioni su strade bianche. La manifestazione è stata definita la più grande idea dell’ultimo mezzo secolo di ciclismo, però Giancarlo Brocci non viene nemmeno invitato a un tavolo a Siena, forse per imbarazzo. Il Giro Bio? L’abbiamo fatto per quattro anni, poi sono rimasto orgogliosamente in mezzo al guado".
Tornando all’Eroica, dove può ancora arrivare?
"Nel 2026 andremo in Cina, ma potremmo farla ormai ovunque. Ce l’ha chiesta la Lettonia, la Polonia, l’Argentina. Abbiamo restituito il ciclismo alla gente, il vero obiettivo futuro è ripristinare un ciclismo per i giovani, che abbia il gusto dell’impresa, non fachiresco, uno sport che recuperi le sue radici autentiche, che non sia un campionificio. Il giovane ciclista rappresenta la gioventù ideale, da mettere su un piedistallo".
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