La sede del Consorzio agrario di Siena, in via Malavolti, ha una storia travagliata e rappresenta uno dei classici casi di ingiustizia all'italiana mentre basterebbe un po' di buon senso per risolverlo. Proviamo a ricostruire la storia di una ferita ancora aperta. Dal 1905 quel palazzo era la casa del popolo e sede della camera del lavoro e prima della Marcia su Roma, e della sua trasformazione coatta in Casa del Fascio, venne assalita per quattro volte dagli squadristi. Nel 2005 la Cgil promosse una petizione per restituire quell'immobile a chi ne era proprietario, nonostante sentenze giudiziarie avessero consegnato quel palazzo al Consorzio agrario attraverso ricorsi che avevano coinvolto anche il Monte dei paschi. I cigiellini vorrebbero tornare in possesso di quel luogo dove venne ucciso il giovane ferroviere socialista Enrico Lachi ma si trovano di fronte a un muro. Nel 2003 lanciò un accorato appello alle istituzioni della città l'allora presidente dell'Anpi Vittorio Meoni affinchè "quel debito sia cancellato con un gesto riparatore, segnando un distacco netto dalle malefatte dei loro predecessori, espressione di un regime di illegalità e sopraffazione". E aggiunse: "Si liberi l'edificio di via Malavolti e lo si metta subito a disposizione della città, ospitandovi innanzitutto quelle associazioni preposte a conservare la memoria della lotta antifascista, della Resistenza, della deportazione degli ebrei e di tutti quei senesi che in quell'edificio hanno lasciato tracce delle loro sofferenze". Nel 2005 la Cgil lanciò l'ennesima petizione. Che torni per intero a chi lo aveva acquistato ed era legittimo proprietario è difficile, ma che almeno uno spazio di testimonianza possa essere dato dovrebbe essere un dovere di chi ora occupa quell'edificio dove sono state versate lacrime di sangue.
