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Mario Tumbarello, primario alle Scotte di Siena: "Il Covid ormai assomiglia a un'influenza"

Mario Tumbarello Il professor Mario Tumbarello

"Se il Covid è come un'influenza? Adesso possiamo dire che le assomiglia molto". Le parole di Mario Tumbarello, direttore del reparto di malattie infettive e tropicali dell'Aou Senese, sono quelle che tutti voglio sentire. Perché no, anche se complottisti, virologi improvvisati e no-vax amavano dirlo, il Covid non era affatto una semplice influenza, come certificano i 190 mila morti ? solo in Italia ? in poco più di tre anni. Con una precisazione doverosa: "I numeri sono piccoli ? spiega Tumbarello, professore ordinario nel dipartimento di biotecnologie mediche all'Università Siena ? ma ci sono ancora persone che sono colpite da forme severe di polmonite. E purtroppo tra loro qualcuno muore".
- Professore, questa però è un'estate praticamente normale.
"Il Covid ancora ci fa lavorare, ma fortunatamente siamo lontani anni luce dalla situazione che abbiamo vissuto".
- Com'è la situazione alle Scotte?
"Da ormai un mese e mezzo i ricoveri si contano sulle dita di una mano. E ci sono stati giorni in cui non abbiamo avuto nessun paziente. Pur con piccole oscillazioni i numeri sono davvero modesti e la situazione è assolutamente tranquilla".
- Chi arriva ancora in ospedale?
"Se è vero che in soggetti con un quadro clinico normale il Covid non ha più effetti gravi e che la stragrande maggioranza di chi contrae il virus lo supera tranquillamente a casa, ci sono ancora pazienti immunodepressi nei quali la polmonite può fare male. Penso a chi ha patologie del sangue o immunodepressive. Quel che conforta è che dopo aver vissuto fasi con mutata entità clinica del virus, oggi il virus è stabile nel modo di manifestarsi".
- Il virus è più buono o noi siamo armati per combatterlo?
"Definire più buono un virus che ancora uccide non è corretto, parlerei piuttosto di virus meno cattivo. Ed è ovvio che il nostro sistema immunitario è ben allenato a combatterlo, grazie ai vaccini e alle infezioni pregresse. Questo ha fatto cambiare la patogenicità del Covid che era all'inizio era non solo particolarmente aggressivo, ma anche sconosciuto, fermo restando che esistono ancora soggetti più suscettibili come i fragili e gli anziani".
- E i bambini?
"Sappiamo che gli anticorpi trasmessi dalla madre tendono a esaurirsi in breve tempo. Ma anche che per i bambini la malattia si manifesta in una forma quasi sempre lieve. Da tenere presente, invece, il ruolo che i più piccoli continuano ad avere nel trasmettere l'infezione ai soggetti fragili, come i nonni".
- Quanto sta circolando, invece, il virus?
"Quella che abbiamo con i tamponi eseguiti a chi entra in ospedale è ovviamente una fotografia parziale. La sensazione è che gran parte della popolazione oggi superi il Covid con sintomi lievi o senza sintomi e che la circolazione sia assai minore. Ricordiamoci che anche nelle estati precedenti la diminuzione dei casi è stata importante, a questa siamo arrivati con i contagi estremamente ridotti e così oggi i ricoveri sono praticamente azzerati"
- E' ancora necessario vaccinarsi?
"Per i soggetti fragili sì. Anche se ne riparleremo dopo l'estate con nuovi vaccini che probabilmente saranno associati a quelli antinfluenzali. La ricerca ha fatto passi da gigante e ci ha permesso di cambiare l'approccio a questa malattia: oggi, anche chi prende il Covid ed è a rischio, ha comunque armi efficaci come i farmaci antivirali".
- Nessuno parla di varianti. A che lettera siamo arrivati?
"Ancora a Omicron, con miriadi di sottovarianti che si susseguono".
- E' realistico pensare che non nasceranno varianti più virulenti di quelle attuali?
"I virus fanno il loro lavoro, continuano a replicarsi e replicandosi originano errori che permettono le mutazioni. Le varianti sono sempre state più contagiose e meno cattive, quindi è probabile che continueranno così. Anche essendo pessimisti, qualora nascesse una variante più virulenta si troverebbe di fronte soggetti che ormai conoscono il virus ed è quinti assai improbabile ritrovarsi in situazioni come quelle già vissute. A meno che non nasca un virus completamente diverso".
- Tra l'autunno e la primavera è stato più difficile gestire il Covid o l'influenza?
"Sicuramente il Covid. Se poi insieme all'influenza mettiamo tutti i virus influenzali o i coronavirus cugini del Covid, molto difficili da distinguere tra loro, allora i ricoveri sono stati maggiori".
- Si può dire che oggi l'attività dell'ospedale sia a pieno regime nonostante il Covid?
"Sì, ma va ricordato che anche se l'impatto è molto basso chi contrae il Covid necessita tuttora di un percorso dedicato che prevede un consumo di risorse diverso dagli altri virus".
- Quanto il Covid ha fatto crescere i professionisti delle Scotte?
"Per moltissimi di noi ha rappresentato una grande spinta allo studio e alla ricerca per affrontare una nuova malattia. Possiamo essere contenti dei risultati ottenuti grazie ai sacrifici compiuti: una lezione che resterà nella nostra vita".