Siena
Alessandra Renieri, Genetica Medica all’Università di Siena
Un grande passo avanti nella comprensione del long Covid arriva da uno studio genetico internazionale pubblicato su Nature Genetics. Il lavoro ha identificato nuove varianti genetiche legate a un rischio più elevato di sviluppare questa condizione, che può manifestarsi mesi dopo l’infezione da Sars-CoV-2 con sintomi come stanchezza, difficoltà cognitive e respiratorie, dolori muscolari.
L’Italia si è distinta grazie al coordinamento della professoressa Alessandra Renieri, professoressa di prima fascia di Genetica Medica all’Università di Siena, direttrice dell’Uoc di Genetica medica all’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e a capo del consorzio Gen-Covid, una rete di oltre 40 ospedali italiani. Il gruppo di Siena ha avuto un ruolo centrale nella raccolta e nell’analisi dei dati genetici, sostenuto dalla Regione Toscana e dal Pnrr THE-Tuscany Health Ecosystem.
Importante scoperta sul fronte del Long Covid
“Abbiamo coordinato tutta la casistica italiana, che ha poi contribuito a quella internazionale”, spiega Renieri. “Studi di questo tipo richiedono molti pazienti e dati. Il progetto mirava a identificare i fattori genetici dell’ospite: il 98% delle persone si infetta senza gravi conseguenze, il 2% sviluppa forme gravi. La differenza non la fa tanto il virus, quanto le caratteristiche genetiche dell’ospite”. L’intento era soprattutto quello di migliorare la strategia di prevenzione (inclusa la vaccinazione selettiva per i soggetti più suscettibili al Covid) e associare terapie aggiuntive personalizzate ed efficaci.
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Lo studio, su oltre 6.400 pazienti con long Covid e più di un milione di controlli, ha individuato una variante genetica sul cromosoma 6, vicino al gene FOXP4, già associato a infezioni respiratorie e risposta immunitaria. Chi possiede questa variante ha un rischio di long Covid aumentato del 60%. Il risultato è stato confermato su altri 9.500 pazienti e 700.000 controlli. Secondo Renieri, “la prevenzione primaria delle malattie passa dalla conoscenza del nostro genoma, che ci rivela a quali patologie siamo più suscettibili. Il virus è una condizione necessaria, ma non sufficiente; alcune persone hanno una maggiore predisposizione genetica. Come genetisti, il nostro compito è individuare le cause genetiche per fare prevenzione, soprattutto nelle patologie infettive dove la prevenzione è fondamentale, così come la possibilità di intervenire con terapie mirate”.
Per la professoressa, “la ricerca è il motore del futuro. Aumentare le conoscenze scientifiche permette di realizzare una prevenzione e una terapia reale. Identificare i soggetti a rischio consente di proteggerli, ad esempio con la vaccinazione. La genetica permette di migliorare le strategie terapeutiche e adattare i trattamenti alle specificità genetiche dei pazienti”.
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