Siena
Verona ha saputo costruire attorno a un mito una delle più potenti operazioni di marketing culturale del nostro tempo. Una leggenda fondata sul nulla, o meglio, su una storia trasferita, adattata, riambientata. Perché Romeo e Giulietta, nella città veneta, non ci sono mai stati. La loro vicenda, a quanto pare, prende origine da un racconto tutto senese, quello che riguarda Mariotto Mignarelli e Ganozza Saraceni. Il primo a raccontarne le gesta fu Masuccio Salernitano, nel suo Novellino (Novella XXXIII) del 1476. Una narrazione intensa, carica di riferimenti reali, di strade, piazze e famiglie realmente esistite. Una storia d'amore osteggiata dalla durezza delle convenzioni, dalla crudeltà del destino. Questi avvenimenti vennero successivamente riscritti e spostati a Verona da Luigi Da Porto, autore vicentino che nel 1524 diede un nuovo titolo, nuovi nomi e una nuova cornice: Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti. Da lì in poi, la fortuna del racconto si fece europea, passando per Matteo Bandello e infine per William Shakespeare, che con la sua celebre tragedia ne consacrò per sempre l'ambientazione scaligera. Ma le radici erano e restano senesi.
Ganozza, giovane nobile legata ai Salimbeni, si innamora perdutamente di Mariotto, appartenente a una casata rivale. Si sposano in segreto, ma un delitto commesso dal giovane lo costringe alla fuga. Il frate che aveva benedetto la loro unione escogita un inganno per salvare la ragazza, nel frattempo promessa sposa da nozze imposte: le fa bere una pozione che simula la morte. La ragazza viene sepolta a Sant’Agostino, ma l'uomo di chiesa la risveglia e la aiuta a fuggire verso Alessandria d’Egitto. Lì vive uno zio di Mariotto. Ma la lettera che avrebbe dovuto avvisare l’amato del piano non arriverà mai a causa dell'intervento di certi pirati. Lo sposo, credendo morta la donna della sua vita, torna a Siena travestito, visita la sua tomba e, colmo di disperazione, si fa arrestare. Svelata la verità, viene comunque condannato. Ganozza, nel frattempo, scopre l'equivoco e rientra. Ma è troppo tardi: Mariotto è stato impiccato. Lei sceglie allora il silenzio di un monastero, dove consuma la sua esistenza nel dolore.
Una tragedia intensa, piena di pathos e dettagli concreti. Eppure, a Siena, questa storia è pressoché dimenticata: nessuna casa di Ganozza, nessun balcone sotto cui Mariotto ha cantato i suoi sentimenti, nessuna lapide, nessuna targa commemorativa. I luoghi esistono ancora: la chiesa di Sant’Agostino, il castellare de’ Malavolti, Palazzo Salimbeni. Ma sono passati sotto silenzio, travolti da altre narrazioni, da altri dolori. Proprio Palazzo Salimbeni è oggi simbolo del Monte dei Paschi. La banca più antica del mondo, orgoglio della città ma anche emblema di una decadenza difficile da accettare dopo i fasti.
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