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Salute

Liste d’attesa, il professor Vannucci dell'Università di Siena: “Serve una svolta culturale, non solo soluzioni tecniche”

L'intervento del docente di programmazione, organizzazione e gestione sanitaria: "Manca una pedagogia della salute"

Claudio Coli

30 Giugno 2025, 11:59

Liste di attesa sanità

Liste di attesa

Non bastano piattaforme digitali e interventi organizzativi per risolvere il nodo delle liste d’attesa nella sanità pubblica. A lanciare l’allarme è il dottor Andrea Vannucci, docente di Programmazione, Organizzazione e Gestione Sanitaria all’Università di Siena, che sulle pagine di Toscana Medica – la rivista dell’Ordine dei Medici di Firenze – invita a un cambio di paradigma: “Non bastano soluzioni tecniche per risolvere il problema delle liste d’attesa: è necessaria una vera svolta culturale da parte dei professionisti sanitari, delle istituzioni e dei cittadini”.

Secondo Vannucci, le misure adottate da Governo e Regioni, pur apprezzabili sotto il profilo organizzativo e tecnologico, non incidono sulle radici del problema. “La vera criticità – spiega – è che continuiamo a inseguire soluzioni emergenziali, senza toccare la cultura della sanità, che oggi è dominata da logiche prestazionali e consumistiche. Si agisce sull’efficienza delle agende, sull’intramoenia, sulla digitalizzazione, ma non si mette mano all’inappropriatezza della domanda, alla medicina difensiva o all’idea – spesso indotta – che ogni sintomo richieda immediatamente un accertamento diagnostico”.

Vannucci punta il dito anche contro la narrazione emergenziale che circonda il tema: “Parlare costantemente di ‘emergenza liste d’attesa’ contribuisce a generare allarme nella popolazione, spingendo verso il ricorso al privato e deresponsabilizzando i decisori pubblici. Non tutto ciò che si desidera subito è clinicamente necessario. Ma manca completamente una pedagogia della salute, una comunicazione istituzionale capace di spiegare il senso dell’attesa, la necessità di valutare priorità e appropriatezza”.

Anche la nuova piattaforma nazionale di prenotazione, presentata come la svolta tecnologica per abbattere i tempi d’attesa, rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio. “Si tratta di uno strumento utile in termini di trasparenza – sottolinea – ma se non è accompagnato da un aumento reale dell’offerta e da una revisione profonda dei criteri di accesso, finirà per diventare solo uno specchio che riflette la scarsità, senza risolverla. Sapere che l’attesa per una risonanza è di sei mesi non riduce automaticamente quell’attesa”.

La vera sfida, secondo Vannucci, è “uscire dalla logica della rincorsa alla domanda e costruire un nuovo ‘patto culturale’ tra medici, istituzioni e cittadini. Serve una sanità pubblica che sappia dire dei no giustificati, che spieghi perché non tutto è urgente, che recuperi il senso del tempo nella medicina. Solo così si potrà garantire un sistema equo, sostenibile e orientato davvero alla salute e non solo alla prestazione”.

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