Il caso
David Rossi
La commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi è tornata al lavoro. I deputati hanno sentito due ex presidenti della Fondazione Palazzo Te, Angelo Crespi e Graziano Mangoni. Il primo ha espresso forti dubbi sull’ipotesi del suicidio di David Rossi. “Io non ho mai creduto a un suicidio, lo dico con tutti i benefici di inventario che la mia idea possa avere," ha affermato Crespi, sottolineando di aver conosciuto una persona solida, decisa e con un ruolo di rilievo in una istituzione culturale importante.
Crespi ha ricordato che nella Fondazione Palazzo Te, accanto al Comune, il socio principale era la Banca Agricola Mantovana, acquisita in quegli anni da Mps, e che Rossi, in veste di vicepresidente della realtà culturale, era sostanzialmente una nomina del Monte. “L’ho visto molto a suo agio nel ruolo che aveva sia in Mps sia a Palazzo Te”, ha detto, definendo “strana” la notizia della sua morte: “Quando venimmo a sapere della morte di David e dell’ipotesi del suicidio, questa ipotesi ci lasciò increduli. A vederlo non sembrava una persona fragile, ma ovviamente nessuno può guardare nel cuore delle persone".
Anche Graziano Mangoni ha espresso dubbi sulla tragicità dell’evento. “Il nostro rapporto non è mai stato molto caloroso perché lui era una persona molto riservato”, ha precisato, aggiungendo di aver incontrato Rossi solo in contesti istituzionali. Riguardo alla morte di Rossi, Mangoni ha dichiarato con fermezza: “L’opinione che mi sono sempre fatto io è che l’hanno ucciso perché era a conoscenza di troppe cose delicate”.
Secondo Mangoni, Rossi, in quanto membro dello staff del presidente di Mps, era al corrente di situazioni sensibili: “Per arrivare a quello che io penso, ma naturalmente non ho le prove, un omicidio, bisogna che la partita che stava gestendo per la banca fosse molto importante e ho sempre pensato che le partite importanti sono sempre quelle relative ai soldi”.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy