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Il caso

Caporalato in provincia di Siena: migranti nei campi a 7 euro l’ora. Cgil: "Le istituzioni si sveglino”

In azione le brigate del lavoro della Flai Cgil, che fotografano un fenomeno radicato tra Montepulciano e Chianciano Terme

Claudio Coli

02 Ottobre 2025, 05:18

Caporalato Flai Cgil

Flai Cgil in azione con le brigate del lavoro

Lavoratori provenienti da Bangladesh e Pakistan di appena 19-20 anni pagati intorno ai 7 euro all’ora tramite carte ricaricabili intestate a colleghi o un intermediario, che la mattina all’alba vengono raccolti dai centri di accoglienza straordinaria e portati con i bus nelle aziende agricole della zona. Attendono alle fermate insieme ai coetanei italiani che si preparano ad andare a scuola: sono le scene di ordinario caporalato che le Brigate del lavoro Flai Cgil, in azione in questi giorni, hanno registrato nel corso delle attività di strada tra il Senese - in particolare Montepulciano e Chianciano, dove si concentrano i tre Cas con 300 ospiti – e il Grossetano.

Un sistema che alimenta il meccanismo del caporalato invisibile, denuncia Flai Cgil, con aziende senza terra che forniscono manodopera, persone che aprono ditte individuali, accumulano debiti e lasciano poi subentrare un parente, generando un ciclo senza fine. La fotografia che restituisce la Cgil è quella di uno sfruttamento lavorativo in agricoltura non più fenomeno marginale ma sistema ormai radicato.


“Nelle nostre province il lavoro nero e il caporalato hanno assunto forme strutturali – dichiarano Andrea Biagianti (segretario Flai Cgil Siena) e Paolo Rossi (segretario Flai Cgil Grosseto) – e il fenomeno riguarda soprattutto le cosiddette aziende senza terra, che non hanno superficie coltivata ma sono fornitrici praticamente di sola manodopera da sfruttare”. In questi giorni le Brigate hanno intercettato giovani arrivati in Italia da appena tre o quattro giorni, già inseriti nei circuiti dello sfruttamento. Una macchina ben oliata che si muove con velocità impressionante, pronta a sfruttare ogni nuova leva. “È indispensabile - conclude Biagianti - che le istituzioni, a partire dalle Prefetture e dagli enti di vigilanza, diano piena attuazione alle sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità, strumenti ma ancora troppo spesso inattivi. Solo così si può contrastare più concretamente il lavoro nero e salvaguardare territori e produzioni”.

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