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Il caso

Racket immigrazione clandestina a Siena, un pakistano fu sequestrato in una casa e liberato dalla Polizia: al via processo in Corte di Assise

Procedimento "costola" dell'inchiesta che ha svelato il giro illecito che portava gli stranieri in città: una persona fu segregata con l’ordine di essere liberata solo dopo aver saldato il debito di 2.000 euro maturato con il gruppo criminale.

Claudio Coli

27 Ottobre 2025, 13:25

tribunale di Siena

tribunale di Siena

Sequestro di persona: è l’accusa con cui due cittadini pakistani sono finiti a processo, dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Siena. La vicenda è legata all’ampia inchiesta scattata nel marzo 2024 sull’immigrazione clandestina riferita ai cittadini di nazionalità pakistana sul territorio senese, avviata dopo i flussi anomali registrati. Numerose le contestazioni mosse ai vari indagati, circa 17, fra il favoreggiamento dell’immigrazione illegale, rapina, lesioni fino al sequestro di persona a scopo di estorsione.

È stato proprio questo episodio, stralciato in un processo a sé, a far scattare gli accertamenti: era il 19 marzo 2023, quando, come ricostruito dalla Questura che ha condotto le indagini, due cittadini pakistani avevano subito un’aggressione con lesioni aggravate da parte di alcuni appartenenti al gruppo criminale. Lo stesso giorno era stato messo in atto il sequestro di persona a scopo di estorsione nei confronti di un altro cittadino pakistano, trattenuto contro la sua volontà in un appartamento di Siena, finché gli agenti di Polizia non lo hanno liberato. Era uno dei clienti del giro illecito, sequestrato in un appartamento con l’ordine di essere liberato solo dopo aver saldato il debito di 2.000 euro maturato con il gruppo criminale. La vittima era riuscita a inviare dei messaggi di aiuto con un telefonino che era riuscita a occultare. Durante l’attività investigativa è emerso inoltre che le vittime erano state anche rapinate.

In aula si sono tenuti i primi passaggi formali in vista dell’istruttoria, ovvero l’ammissione di prove e testi. A difendere i due imputati è l’avvocato Monica Barbafiera, non comparse le parti offese che non si sono nemmeno costituite a giudizio. A sostenere l'accusa è il pm Siro De Flammineis. Il procedimento,  che proseguirà a novembre, di certo analizzerà il meccanismo criminale svelato — per cui sono già giunte delle condanne — grazie al quale i migranti arrivavano in Italia passando per la cosiddetta rotta balcanica, sborsando ingenti somme di denaro che venivano consegnate a un negozio di money transfer di Atene e recapitate ai componenti dell’organizzazione che aveva la sua base principale a Siena, ma con basi logistiche secondarie anche in Grecia e Bosnia.

I clienti del gruppo criminale diventavano vittime in quanto, dopo essere arrivati in Italia, venivano sottoposti ad aggressioni fisiche e verbali, minacce ed estorsioni, con lo scopo di ottenere altro denaro come ulteriore compenso non pattuito. Alcune vittime hanno tentato la fuga ma sono state trovate dai loro aguzzini all’interno della stazione ferroviaria di Siena, subendo come ritorsione, percosse e lesioni.

Arrivati a Siena i clandestini venivano indirizzati verso l’ufficio immigrazione della Questura per l’apertura delle pratiche burocratiche e poi gli veniva assegnata una sistemazione temporanea in attesa della formalizzazione della richiesta di protezione internazionale.

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