Spettacolo
Era il 1975 quando un film strano, quasi indecifrabile, usciva nelle sale senza lasciare il segno. Al botteghino fu un disastro, la critica lo accolse con diffidenza e sembrava destinato a un rapido oblio. Eppure, contro ogni previsione, quella pellicola diventò uno dei più longevi cult della storia del cinema: The Rocky Horror Picture Show. Diretto da Jim Sharman e tratto da un musical teatrale scritto da Richard O’Brien, era un concentrato esplosivo di musica glam, travestitismo, fantascienza kitsch e liberazione sessuale. Un'opera fuori da ogni schema, che all'inizio spiazzò perfino il pubblico più aperto. Ma qualcosa, sotto la superficie, stava nascendo. Fu nei cinema di mezzanotte che Rocky Horror trovò il suo habitat naturale. In quelle proiezioni notturne cominciò a radunarsi un pubblico affezionato, pronto a trasformare ogni visione in una festa collettiva, cantando le canzoni, rispondendo ai dialoghi, travestendosi come i personaggi. Oggi è considerato un simbolo della cultura queer, un inno sfrontato alla libertà di essere sé stessi. La sua forza non sta solo nella colonna sonora che mescola rock e musical in modo irresistibile, ma anche nel messaggio dirompente che ha saputo lanciare: rompere le regole, abbattere le etichette, ridere dell’ordinario. Una sfida all’omologazione che continua a parlare a generazioni diverse.
Sul grande schermo brillano ancora Tim Curry nei panni del provocatorio Frank-N-Furter, Susan Sarandon in quelli della sposa ingenua catapultata in un mondo fuori controllo, e lo stesso O’Brien nel ruolo grottesco di Riff-Raff. Dopo mezzo secolo, il film ritorna in una nuova veste: dal 27 ottobre 2025 sarà nuovamente nelle sale italiane in versione restaurata in 4K, distribuito dalla Cineteca di Bologna nell’ambito del progetto Il Cinema Ritrovato, affiancato dal documentario Strange Journey che racconta la sua incredibile storia.
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