Economia
Luigi Lovaglio, ad di Mps
Un’assemblea lampo, tre quarti d’ora. Tutto già deciso, tutto già scritto da tempo: Mediobanca ha voltato pagina, salutando un’epoca e aprendo quella che si può già chiamare l’era di Siena. I nuovi vertici di piazzetta Cuccia sono Vittorio Umberto Grilli, nominato presidente, e Alessandro Melzi d’Eril, amministratore delegato. Accanto a loro, Sandro Panizza nel ruolo di vicepresidente (unico membro del precedente board a non essersi dimesso) e Massimo Bertolini come segretario del Cda. E ancora Paolo Gallo, ad di Italgas; Tiziana Togna, ex vicedirettore generale della Consob; Federica Minozzi, ceo di Iris Ceramica; Andrea Zappia, ex ad di Sky Italia; Giuseppe Matteo Masoni, Massimo Lapucci, Ines Gandini, e le manager del Monte dei Paschi Donatella Vernisi e Silvia Fissi.
Prima che l’assemblea si aprisse, il presidente di Rocca Salimbeni Maione e il dg Lovaglio sono passati per un saluto: un gesto che molti hanno letto come un passaggio di consegne ordinato ma denso di significati. Perché, più che una semplice sostituzione di vertici, si è trattato di un cambio di accento e di anima. Mediobanca non parla più solo il linguaggio della Milano del “salotto buono”, ma quello più concreto e territoriale di Siena e di Mps, ora azionista determinante con l’86%.
“Da oggi - ha scritto nel suo primo messaggio ai dipendenti Melzi d’Eril - iniziamo a scrivere insieme un nuovo capitolo della storia della banca. Sarà ricco di successi grazie al contributo di tutti noi”. Come ha osservato l’ex dirigente di Bankitalia Angelo De Mattia, la posta in gioco non era solo economica: “Non si è trattato soltanto di dividendi, ma di un’idea di capitalismo: la finanza di sistema, rappresentata dai grandi azionisti e dallo Stato, contro la finanza indipendente che Mediobanca ha incarnato per decenni”. La prima ha vinto. La seconda ha ceduto il passo. E con essa si chiude anche l’era di Alberto Nagel, l’amministratore delegato che ha guidato la banca per quindici anni con prudenza e disciplina, costruendo valore senza clamori né capitali aggiuntivi. La sua visione difensiva ha protetto Mediobanca negli anni del “laissez faire”, ma non poteva reggere a un sistema finanziario che torna a parlarsi da dentro. Ora tocca al tandem Grilli–Melzi d’Eril reinterpretare la lezione di Cuccia in un contesto completamente diverso, dove mercati e politica si intrecciano, dove la banca deve essere insieme impresa, presidio e simbolo di un equilibrio nuovo.
E’ proprio su questo terreno che si inserisce la riflessione del sindacalista Carlo Magni, segretario Uilca del Gruppo Mps. In un lungo post, scrive: “Si chiude un’epoca e se ne apre un’altra. La tradizione si congeda e la banca simbolo della finanza italiana entra in un perimetro industriale più ampio, destinato a ridefinire funzioni e identità”. E ancora: “Il futuro non si costruisce comprimendo le competenze, ma generando fiducia e valorizzazione. E’ questo il terreno su cui il sindacato rivendica un ruolo pieno: non per interferire, ma per contribuire. Monte dei Paschi e Mediobanca sono due nomi che appartengono alla storia d’Italia: da questa unione può nascere una stagione di progresso vero, se sapremo mettere al centro le persone, i loro diritti e la loro intelligenza professionale”. Le sue parole colgono un punto essenziale: l’integrazione tra Siena e piazzetta Cuccia non è soltanto una questione societaria, ma un laboratorio del futuro. E’ il luogo dove si misurerà la capacità del sistema italiano di crescere senza snaturarsi.
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