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Siena

Un Palio contro la guerra, Manganelli: "La Madonna non solo ferma le pallottole, ma punisce chi spara contro figure inermi"

Il sindaco Fabio: "Un Palio senese nella forma, nei colori, nel senso più profondo". L'artista: "Icona dal significato taumaturgico commovente e bellissimo, il mito diventa una testimonianza di pace che dissolve ogni mostruosità"

Caterina Iannaci

26 Giugno 2025, 20:32

Palio 2 luglio 2025

Il Drappellone di Riccardo Manganelli

E' stato accolto da un fragoroso applauso il Drappellone del Palio del 2 luglio 2025, un’opera che celebra con intensità la Madonna di Provenzano e il quinto centenario dell’Accademia degli Intronati. A firmare il cencio Riccardo Manganelli, artista senese che ha saputo fondere storia, tradizione e passione in un unico capolavoro. Che non manca di ispirare richiami alla pace, come si evince anche dalle dichiarazioni dell'artista.

La cerimonia si è aperta con il tradizionale squillo delle chiarine di Palazzo Pubblico, seguito dall’introduzione del Sindaco di Siena, Nicoletta Fabio, che ha subito sottolineato il valore profondo del Drappellone. A illustrare i dettagli dell’opera è stato Giovanni Mazzini, archivista dell’Archivio di Stato di Siena, mentre a chiudere l’evento è stato lo stesso Manganelli, che ha raccontato con emozione il percorso creativo dietro il suo lavoro.

Nicoletta Fabio ha commentato con parole cariche di significato: “Un Palio senese nella forma, nei colori, nel senso più profondo. Un Cencio che parla di valori e di libertà, la libertà di conoscere e di crescere, rappresentata dalla pietra sorretta dai due amorini, quella pietra dove campeggia l’impresa dell’Accademia degli Intronati, protagonista all’epoca di un vivace clima intellettuale e ancora oggi sinonimo di sapere, patrimonio di conoscenze ed esperienze, cultura, teatro, letteratura, storia e civiltà senese, Accademia che quest’anno celebra il suo cinquecentenario. La scelta di dedicare il Drappellone a questa ricorrenza non è soltanto un riconoscimento dell’indubbio prestigio di una plurisecolare e fulgida istituzione, ma una sottolineatura dell’attitudine senese a perpetuare la tradizione, intesa come il racconto di un’identità comunitaria attraverso i tempi, l’esigenza di coltivare il locale oltre il globale, di tutelare le identità e le differenze a fianco del cosmopolitismo, di amare le radici per amare l’umanità. Abbiamo bisogno di esprimere liberamente le nostre predilezioni, i nostri legami e le nostre affinità: manifestare emozioni diverse, diverse reazioni a seconda del momento, ma stessa appartenenza e stesso attaccamento, stessa autenticità di passione, stesso perdurante affetto per le nostre bandiere, tutte. C’è tutto questo nel lavoro di Riccardo Manganelli, pensato e realizzato con passione, con orgoglio, sincerità e profonda dedizione. Le mani che esultano ed accolgono, il cavallo che si fa accarezzare, alle spalle Palazzo Pubblico che vigila, ma non domina, in alto la Madonna di Provenzano, lei sì che domina, investendo di sacralità e di tenerezza la Piazza e la città intera. Un riflesso sulle terre di Siena, sul tufo, sui colori della nostra città, che ci avvolge e ci culla. Di fronte a questi simboli così familiari, così immediatamente leggibili, quello che dobbiamo fare stasera è riconoscerci e ritrovarci soprattutto in questo momento. Sceglierci con i nostri pregi e i nostri limiti, nella consapevolezza che i tempi cambiano e che tutto muta tranne una verità: di fronte a questo cencio e a ciò che rappresenta, ci riconosciamo e siamo tutti tenacemente uguali, sempre gli stessi, senza distinzione o pregiudizio. E allora viviamo insieme questo Palio, giorno per giorno, al pieno dei nostri ritmi e della nostra unicità”.

Dopo queste parole, l’attenzione si è spostata sull’autore del Drappellone, Riccardo Manganelli, che ha condiviso con il pubblico il legame profondo che lo unisce al Palio e alla sua città. : “Per un senese che ha sempre vissuto la contrada da generazioni, realizzare il Palio è qualcosa che va al di là dell’emozione e del naturale orgoglio. Emergono delle sensazioni difficilmente esprimibili a parole, che ho provato a rendere con il pennello. La genesi di questo lavoro viene da lontano: parte da nonno Adige e mamma Giuliana che, da pittori quali erano, mi hanno insegnato prima a usare il pennello per dipingere che a leggere e scrivere, e continua attraverso mio babbo, Giuliano, da cui ho appreso i rudimenti dell’architettura e la profondità degli spazi prospettici. E nello stesso tempo, oltre ad acquisire la tecnica, da loro imparavo anche i valori e il rispetto che permeano le Contrade e il Palio. Tutto questo l’ho riversato nella seta, con i colori della nostra terra, dalle terre di Siena, dall’ocra alla terra d’ombra, perché sono i colori che porto dentro da sempre e con cui sono stato cresciuto. La Madonna di Provenzano, poi, ha per me un valore particolare e fortissimo: è la Madonna che non solo ferma le pallottole, ma punisce chi spara contro figure inermi. E per me questa icona ha un significato taumaturgico commovente e bellissimo. Il mito fondante, in questo caso, prende il sopravvento al fatto realmente accaduto e diventa una testimonianza di pace che dissolve ogni mostruosità”.

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