Siena
Mazzarelli del Pd in Consiglio comunale
Fase di tensione in seno al Pd senese. Al centro della tempesta politica è finita la capogruppo dem in Consiglio comunale, Giulia Mazzarelli, da mesi oggetto di pressioni da parte dei colleghi consiglieri per indurla alle dimissioni. Mazzarelli, che rivendica il proprio operato e la correttezza del suo ruolo, ha respinto le richieste, sottolineando come la vicenda non contribuisca né a rafforzare la minoranza né ad avvicinare il partito alla città. "La visibilità pubblica di questa vicenda, che ho cercato di evitare nonostante vada avanti da mesi, non credo porti consenso aggiuntivo al Pd e trasmette, semmai, un senso di divisione interna e di prevaricazione" sottolinea.
“Non ho dato e non darò le dimissioni che mi sono state chieste con insistenza”, afferma, ribadendo il proprio impegno a rendere più combattiva l’opposizione e a ricercare dialogo con le altre forze del centrosinistra e le organizzazioni sindacali. Mazzarelli rivendica inoltre di aver sempre anteposto il pensiero del gruppo alle sue posizioni personali, anche su temi delicati come l’aumento della Tari, le varianti urbanistiche e il bilancio consolidato. "Il mio impegno - ha detto - anzi è finalizzato a rendere ancora più combattiva la minoranza ricercando dialogo e collaborazione con gli altri gruppi consiliari, le forze politiche del centrosinistra, le organizzazioni sindacali. Se sono questi gli addebiti allora ammetto di essere colpevole come di aver cercato di orientare il voto del gruppo su espressioni di maggior chiarezza su atti delicati".
Sul caso è intervenuto anche Simone Vigni, rappresentante della minoranza interna al PD, che chiede un chiarimento politico urgente. Vigni sottolinea come la gestione del caso Mazzarelli sia il sintomo di un partito cittadino incapace di affrontare il cambiamento e dominato da logiche di normalizzazione e di corrente. “Il PD non è un condominio”, dichiara Vigni, criticando la segretaria Rossana Salluce per non aver coinvolto gli organi dirigenti nella gestione della crisi. Secondo Vigni, la sostituzione della capogruppo sarebbe stata decisa senza confronto e sulla base di accordi preconfezionati, segnando un grave precedente per la democrazia interna del partito.
“Il gruppo consiliare non è un corpo separato dal PD, ma parte di un progetto collettivo che deve rendere conto politicamente, non solo numericamente”, afferma Vigni, che chiede la convocazione urgente di un organismo di partito per discutere apertamente la situazione. “Se il PD vuole ricostruire la propria credibilità in città, deve partire dal rispetto delle persone, dei processi e della democrazia interna. Diversamente, ogni cambio di passo sarà solo un passo nel vuoto”.
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