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Il fatto

Omicidio di Gemona. Un piano studiato nei minimi particolari, lo conferma la madre della vittima

Disperazione e violenza dietro la decisione delle due donne accusate del massacro

Caterina Iannaci

02 Agosto 2025, 20:27

alessandro venier vittima gemona

Un delitto studiato nei dettagli: è quanto emerge dalle indagini sul caso di Alessandro Venier, 34 anni, vittima di un piano ordito – secondo la ricostruzione degli inquirenti – da due donne a lui vicinissime: la madre, Lorena, e la compagna, Mailyn Castro Monsalvo. Un caso che ha scosso la comunità friulana di Gemona e che ora porta alla luce un intreccio di violenze domestiche, disperazione e fuga. Secondo la confessione della genitrice, sarebbe stata lei a dare inizio all’esecuzione: l'uomo è stato prima sedato con una bevanda contenente farmaci, quindi gli è stata iniettata insulina per indurlo a perdere conoscenza. Il soffocamento manuale non ha funzionato: sarebbe stata allora Mailyn a completare il gesto, stringendo attorno al collo del compagno i lacci delle proprie scarpe. Il corpo, sezionato e nascosto in un bidone cosparso di calce viva (acquistata online), è stato ritrovato nei giorni successivi. Un’esecuzione metodica, secondo gli inquirenti, che lascerebbe pochi dubbi sulla premeditazione.

Al centro del movente, un contesto familiare segnato da violenze, come raccontato dalla Venier durante gli interrogatori. La donna ha riferito che la nuora era vittima di continue aggressioni da parte di Alessandro, e che la situazione era diventata insostenibile. Da qui, la decisione estrema. La partenza per la Colombia, paese d’origine della giovane, era fissata per il 26 luglio, prima che una condanna pendente per lesioni a carico di Venier rischiasse di compromettere l’espatrio. “Non c’era alternativa - avrebbe detto la madre della vittima agli inquirenti. - Se fossero partiti, avrebbe finito con l'ammazzare Mailyn".

Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere per Lorena. La nuora, invece, è stata trasferita all’Icam di Venezia, struttura penitenziaria per detenute madri. La donna, però, in evidente stato di fragilità psicologica, non ha potuto tenere con sé la figlia di sei mesi, ora affidata ai servizi sociali. Il dramma ha toccato anche l’opinione pubblica, con decine di richieste di affido e adozione per la neonata giunte da tutta Italia. Tuttavia, la famiglia colombiana di Mailyn ha manifestato la volontà di occuparsi della piccola e ha avviato le procedure necessarie per accoglierla. Una vicenda che lascia sgomenta la comunità locale e apre interrogativi profondi sul ruolo delle istituzioni nella prevenzione della violenza familiare, ma anche sulla linea sottile tra paura e giustizia privata.

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