SIENA
Maurizio Montigiani è un fiume in piena. Difficile da contenere mentre davanti alla commissione d’inchiesta che indaga sulla morte di David Rossi, spazia da un fronte all’altro.
Certo, tratta anche del decesso del manager, ma non disdegna digressioni sulle vicende prettamente bancarie e sugli scenari politici della Siena del tempo. Lui allora esponente della Lega, nonché dipendente di Mps, conosceva alla perfezione quel sistema cittadino così concatenato.
Vicende parallele già affrontate dalla precedente commissione, ma che adesso non sono al centro dell’interesse dei commissari. Perciò, nonostante il presidente Gianluca Vinci lasci a Montigiani abbastanza carta bianca, altri membri dell’organismo parlamentare lo richiamano all’ordine.
Nella discussione fa capolino anche la storia dei festini. “Non è quella la pista, non è quella la verità”, stoppa subito la questione Montigiani, che per chiarire la cosa aggiunge: “Il saluto tipico della stagione del Covid, io l’avevo fare a Rossi molti anni prima, giusto per farvi capire che tipo di persona era”.
Sulla sera della scomparsa del manager, il dipendente montepaschino ricorda la stupore per l’immediatezza della notizia sui telegiornali locali e sottolinea: “Fino al 2015 anche io ho creduto nel suicidio, convinto come molti senesi che lo stress per ciò che stava accadendo alla banca avesse giocato un ruolo determinante. Poi quando sono iniziati a circolare i filmati mi sono ricreduto”.
A far cambiare idea a Montigiani anche il personaggio, finora rimasto misterioso, che si vede in uno dei video. Passaggio affrontato però in seduta secretata.
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