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Siena

Santa Maria della Scala rinascita tra storia e futuro con Jacob Hashimoto

Nuovi progetti, grandi lavori e una mostra-evento per rilanciare il complesso

Andrea Bianchi Sugarelli

21 Maggio 2025, 06:30

Un viaggio meraviglioso nei 18mila metri quadrati di cantiere che rappresentano la grande sfida del futuro del Santa Maria della Scala e del Consiglio di amministrazione della Fondazione. Ma anche una immersione totale in anteprima della attesissima mostra di Jacob Hashimoto che prenderà il via giovedì 22 maggio 2025. Il presidente dell’antico Spedale, Cristiano Leone, la direttrice Chiara Valdambrini e il geniale architetto Luca Molinari, hanno annunciato ieri sera il piano di indirizzo architettonico per la definizione del futuro masterplan del Complesso: “Un organismo vivente che saprà accogliere altri organismi viventi per proiettare il Santa Maria nel futuro. Una casa della comunità senese che abbiamo dovuto riprogettare rispetto alle idee di mezzo secolo fa” ha detto un entusiasta presidente Leone. “Avremo un auditorium per la città e potremo richiedere fondi privati indirizzati allo specifico progetto, a breve realizzeremo la nuova pavimentazione al quarto piano, sposteremo opere come quella del Sodoma, riformuleremo gli spazi come nell’antica sagrestia e fra un mese il Santa Maria sarà dotato di una nuova pannellistica esterna. Ma i frutti del nostro lavoro li vedremo nel tempo, servirà pazienza e lavorare uniti verso un unico obiettivo”.

La sfida della riqualificazione

Il Santa Maria della Scala di Siena si appresta a vivere una trasformazione epocale. Il grande complesso museale, che nei secoli ha ricoperto ruoli sempre diversi – da pellegrinaio medievale a ospedale, fino a moderno centro espositivo – si prepara ora a un nuovo capitolo. La Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala ha infatti presentato un piano strategico che cambierà profondamente il volto e la funzione dell’antica struttura, accompagnandola verso il futuro senza dimenticare le sue radici.

Oggi il Santa Maria della Scala conta una superficie di circa 40mila metri quadrati, di cui 18mila attualmente interessati dai lavori di riqualificazione. Un dato che sorprende se confrontato con altre realtà europee: mentre Parigi, con oltre due milioni di abitanti, può vantare il Centre Pompidou con 45mila metri quadrati, Siena – città di poco più di 50mila abitanti – dispone di un complesso museale di ben 38mila metri quadrati. Una proporzione che racconta la centralità del Santa Maria per la città e il territorio.

La nuova fase progettuale, affidata allo studio dell’architetto Luca Molinari, prende le mosse da una riflessione profonda sul progetto originario di Guido Canali, che negli anni Settanta segnò il passaggio da ospedale a museo. Oggi, dopo quasi mezzo secolo, la Fondazione sente la necessità di rivedere non solo la distribuzione degli spazi ma anche la funzione stessa del complesso, per rispondere alle esigenze di una società e di un pubblico profondamente cambiati. Il nuovo masterplan, frutto di un lavoro preparatorio durato oltre un anno, non punta a un modello unico e statico, ma si ispira a una logica modulare e dinamica, capace di adattarsi nel tempo.

“Il progetto di riqualificazione, che riguarda sia la museografia sia gli spazi, rappresenta l’atto fondante che intendiamo realizzare. Non è una scelta semplice: quella famosa identità che oggi sembra mancare, a mio avviso, si è persa nel tempo. Il piano Canali, a suo tempo, fu molto lungimirante, ma quando fu concepito rispose alle esigenze e alle risorse dell’epoca, seguendo una visione piuttosto monolitica.

Oggi però alcune di quelle scelte risultano superate e le risorse a disposizione sono cambiate. Per questo motivo, ci siamo fermati a riflettere e abbiamo coinvolto esperti che conoscono davvero questa materia. Le decisioni che prenderemo consentiranno di avere una visione unitaria, ma anche la flessibilità di fare delle scelte puntuali in base alle diverse esigenze. Per noi, il primo principio resta la conservazione del luogo, senza stravolgerlo: serve una visione più ampia. Nella nostra idea di futuro ci sono sia azioni quotidiane, come l’organizzazione di mostre diverse rispetto al passato e il confronto tra artisti contemporanei, sia interventi di più ampio respiro. Le opere in mostra dialogano anche con quelle degli artisti storici del Santa Maria e con la storia del complesso come luogo di accoglienza e cura”, ha spiegato il presidente Cristiano Leone.

Al centro della strategia culturale c’è l’idea di trasformare il Santa Maria in una vera “casa della città”, dove ogni intervento contribuisce a un equilibrio tra conservazione e innovazione, tra memoria e apertura al futuro. In quest’ottica, la Fondazione ha coinvolto tre importanti studi di architettura internazionali – Lan Architecture, Odile Decq e Hannes Peer – chiamati a ripensare alcune delle macroaree del complesso. Il metodo progettuale scelto non privilegia l’uniformità, ma la capacità di dialogare tra parti diverse, rispecchiando la storia stratificata e composita del Santa Maria.

Come ha sottolineato l’architetto Luca Molinari: “Il Complesso è il risultato di molti secoli di storia, stratificata nel tempo. Il museo è un organismo vivente, in continua evoluzione: oggi è una vera e propria casa della comunità, dove ciò che viene esposto è pensato proprio per la comunità, che a sua volta cambia nel tempo. Il Santa Maria diventa così sia un luogo di riferimento locale sia uno spazio di respiro internazionale. Canali fece un lavoro eccezionale e dal 1996 sono iniziati i primi interventi concreti. Oggi, una parte di questo complesso funziona bene, mentre un’altra parte deve essere necessariamente ripensata”.

Dentro il Cantiere

 

Accompagnati dall'architetto Molinari e dal presidente Leone in veste di Ciceroni, abbiamo fatto un viaggio magnifico dentro i 18 mila metri quadrati del cantiere. Stanze che i senesi hanno visto quando il Santa Maria della Scala era ancora ospedale e che da trent'anni ormai sono chiuse al pubblico. Luoghi magici in cui ancora si respira la storia antica e la storia recente. Abbiamo superato la scala del Cinquecento che ci ha condotti a grandi saloni un tempo destinati ai pazienti, ma anche ad ostetricia, alla clinica di malattie nervose, alle sale di infermieri e dottori. I piani degli uffici ci hanno incantato con le loro bifore che si affacciano sul Duomo, offrendo una vista unica. I muri, una volta restaurati, potrebbero rivelare altre sorprese, come affreschi già individuati dagli esperti. Tutte le sale sono rimaste come venti anni fa, quando iniziarono i primi lavori: pavimenti smontati, calcinacci raccolti da una parte, un cantiere ancora vivo con passaggi in legno e segni specifici nelle varie pareti. Ogni dettaglio sarà nuovamente studiato per l’intervento di recupero finale. Un momento di grande meraviglia ha riguardato l’altana nella Santissima Annunziata, da cui si ammira tutta la chiesa con una prospettiva dall’alto esclusiva e affascinante. Inoltre, da una stanza al secondo piano del Santa Maria, attraverso una piccola finestrella usata in passato dai dirigenti e dai degenti, si può osservare tutto il tempio e ammirare splendidamente la 'Piscina probatica' di Sebastiano Conca. I 18 mila metri quadrati di cantiere rappresentano un viaggio entusiasmante dentro l'antico Spedale, ma anche una grande speranza per l’atteso recupero architettonico che saprà mantenere l’identità del luogo, con la sua storia e le sue epoche, rendendolo al tempo stesso funzionale per la città e per il futuro.

C’è Jacob Hashimoto

Proprio mentre il Santa Maria della Scala si apre a questa grande trasformazione, il complesso accoglie una delle mostre più attese della prossima stagione: “Path to the Sky” di Jacob Hashimoto. L’esposizione, che si terrà dal 22 maggio al 30 settembre 2025, è curata da Raphaëlle Blanga e promossa dalla Fondazione in collaborazione con Studio la Città e Immagine Studio.

La mostra si snoda lungo gli spazi antichi dell’ex ospedale, mettendo in dialogo le architetture storiche con la leggerezza e la forza evocativa delle opere di Hashimoto. Il cuore del percorso è la Corticella, dove una monumentale installazione site-specific, alta diciassette metri e composta da migliaia di aquiloni realizzati in carta giapponese e bambù, si dispiega come una nuvola sospesa tra terra e cielo. L’opera, intitolata appunto “Path to the Sky”, trasforma la corte interna in uno spazio quasi mistico, invitando i visitatori a sollevare lo sguardo e a riflettere sul tema dell’unità e della complessità delle relazioni umane.

Accanto all’installazione principale, la mostra propone una selezione di sedici opere scultoree e pittoriche dell’artista americano, esposte negli spazi adiacenti alla Strada interna. Le opere di Hashimoto, già protagoniste in musei e istituzioni di tutto il mondo, sono il risultato di una ricerca che unisce manualità artigianale e tecnologia, materiali tradizionali e linguaggi contemporanei. “Per me è stata un’illuminazione immediata. La prima cosa che si percepisce qui è l’accoglienza; poi, scendendo alla Corticella, ho sentito la presenza di una storia millenaria. Dall’accoglienza dell’abate Sorore fino a oggi, si avverte il desiderio di continuità tra lo spazio e il sentimento che caratterizza questo luogo. È stato magico: l’arte di Jacob esprime accoglienza in modo profondamente umano. C’è una grande spiritualità e umanità che si fondono con tecnologia e manualità, e ringrazio l’artista per la sua presenza. Jacob sarà presto a Londra e averlo qui è fantastico: ha pensato e realizzato questa mostra proprio per la Corticella”, racconta la curatrice Raphaëlle Blanga.

Un omaggio a Siena

Hashimoto stesso, presente a Siena dove ha curato tutte le installazioni, ha dichiarato al Corriere di Siena: “Sono molto felice: nonostante le difficoltà, ho accettato subito la sfida. Gli spazi così ampi e alti offrono un’opportunità unica di dialogare con l’architettura, tra interno ed esterno, che poi è anche la storia di Siena per come mi è stata raccontata ed ho studiato. Abbiamo colto questa occasione per proporre una selezione di opere, materiali e sculture: tutti elementi che fanno parte della mia ricerca artistica e che dialogano con questo luogo.”

Il presidente dell’antico Spedale, Cristiano Leone, è felicissimo: “Jacob ha compreso bene la sua missione: dialogare con il Santa Maria della Scala fa parte della sua opera. A Raphaëlle avevo chiesto di individuare un artista così sensibile, capace di interpretare un luogo di questo genere con grande umanità. Lo ha fatto meravigliosamente ed è stato fondamentale.”

La mostra rappresenta anche una sfida per il Santa Maria della Scala, che per la prima volta accoglie un’installazione contemporanea di queste dimensioni nei suoi spazi storici. L’iniziativa vuole coinvolgere un pubblico ampio e diversificato, portando l’arte contemporanea al centro di un luogo che nei secoli è stato rifugio, ospedale e punto di incontro per la comunità. L’installazione di Hashimoto si presenta come un omaggio simbolico alla città di Siena. I suoi aquiloni, sospesi e leggeri, sembrano dare forma visibile ai sogni, ai pensieri e alle storie di chi ha attraversato nei secoli questi ambienti. Una cascata di colori e forme che accompagna il visitatore in un viaggio sensoriale e meditativo, tra memoria e presente.

Il percorso espositivo è pensato per valorizzare tanto la monumentalità degli spazi quanto la dimensione intima e silenziosa delle opere, in un dialogo continuo con la storia e la spiritualità del luogo. Le opere selezionate permettono di esplorare la complessità del linguaggio di Hashimoto, capace di unire leggerezza e intensità, materia e spirito, tradizione e innovazione.

Il messaggio

Sicuramente c’è da interrogarsi e riflettere sul Santa Maria della Scala che con Cristiano Leone, il nuovo cda e la direttrice Valdambrini conferma la sua vocazione a essere non solo custode della memoria, ma anche laboratorio di sperimentazione e apertura verso nuovi linguaggi artistici. In parallelo, il progetto di riqualificazione architettonica testimonia la volontà di mettere in rete competenze diverse, promuovendo una collaborazione tra studi e professionisti di alto profilo. L’obiettivo è quello di restituire alla città un complesso capace di accogliere, coinvolgere e sorprendere, mantenendo vivo il legame con la sua storia e la sua comunità. Il viaggio nel Santa Maria della Scala, tra i cantieri di oggi e le visioni per il futuro, si intreccia così con la poesia sospesa delle opere di Hashimoto, offrendo al pubblico un’esperienza unica: uno sguardo oltre il presente, verso un orizzonte nuovo dove la bellezza e la memoria si incontrano, e dove ogni visitatore è invitato a sentirsi parte di una storia collettiva in continua trasformazione.

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