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Siena

Ivanaj: "Quando ti chiama la Mens Sana è impossibile dire di no. Salvezza? un passo alla volta"

L'esterno italo-albanese: "Il mio amico Giovanni Cessel mi ha spiegato un po' di cose della città e delle Contrade"

Matteo Tasso

27 Marzo 2025, 05:30

ivanaj mens sana

Diciannove punti realizzati e almeno un paio di difese decisive. La decisiva sfida contro Crocetta ha messo in mostra la versione migliore di Nikola Ivanaj: ultimo arrivato alla corte di coach Paolo Betti, l’esterno italo-albanese classe 2000 ha dato sicurezza alla Note di Siena Mens Sana su entrambi i lati del campo, con la qualità cestistica ed il temperamento che gli venivano richiesti quando, un mese fa, il dg Riccardo Caliani ha deciso di portarlo a Siena, facendogli firmare un contratto che prevede l’opzione di rinnovo anche per la stagione ‘25/’26. “Crocetta è una squadra giovane – Ivanaj riavvolge il nastro dei 40’ disputati domenica scorsa -, che corre e mette tanta intensità in campo, rispetto ad altre squadre di questo girone può contare anche su giocatori con struttura fisica importante e centimetri. Ci aspettavamo una partita tosta e lo è stata, ma in settimana l’avevamo preparata bene e credo si sia visto: siamo ovviamente molto contenti anche di aver ribaltato il risultato della sconfitta dell’andata”.

È stata la sua miglior prestazione da quando indossa la maglia biancoverde. Come procede l’inserimento in gruppo?

A livello umano sono stato subito accolto benissimo dai compagni e dallo staff, è chiaro che per entrare in un sistema di gioco, però, ci vuole un po’ di tempo. Cerco di portare il mio contributo sia in attacco che in difesa, questo può aiutare a far crescere l’amalgama con un gruppo che lavora già da agosto: al di là della prestazione personale, sono contento di riuscire ad entrare in campo e dare ciò che serve alla squadra.

Si sta ambientando in città?

Siena è molto bella, è una città piena di storia e di cultura, nei giorni liberi ho avuto modo di uscire e iniziare a scoprirla. Ho passeggiato in Piazza del Campo, sono stato a vedere il Duomo, cose da fare non mancano e poi c’è tanto verde intorno e una qualità dell’aria molto buona, se paragonata ad altre zone più industriali dove ho abitato negli anni.

Magari le avrà dato qualche informazione Giovanni Cessel, suo ex compagno a Reggio Calabria…

Mi ha spiegato un po’ di cose, mi ha anche raccontato della sua Contrada, perché poi qui a Siena avete questa particolarità molto bella delle Contrade e del Palio. Giovanni è un ragazzo super, con lui mi sono trovato splendidamente durante i mesi trascorsi alla Viola.

A proposito, com’è maturata la decisione di trasferirsi alla Mens Sana?

È successo tutto nelle ultimissime ore prima che chiudesse il mercato, ero appena rientrato dal raduno con la nazionale albanese e a Reggio mi hanno detto che per scelta tecnica non ero più dentro il loro progetto. La chiamata da Siena è arrivata improvvisa, un’occasione che ho colto al volo: quando una maglia del genere, un nome come quello della Mens Sana ti cercano, non puoi non farti trovare pronto.

Accennava al recente raduno con l’Albania, che esperienza è quella con la nazionale?

Sono stato convocato per la prima volta nel 2020, quando ero a Imola, pochi giorni prima che l’attività fosse stoppata per l’arrivo del Covid. Mi sono dovuto fermare per un problema fisico, poi purtroppo altri guai, oggi risolti, mi hanno penalizzato per un paio di anni (Ivanaj si è sottoposto a interventi chirurgici a seguito di infortuni alle ginocchia e al piede, ndr), ma ho sempre risposto presente alle chiamate della nazionale, anche a febbraio nonostante una distorsione alla caviglia: è una questione di appartenenza, di orgoglio, è anche un accrescimento personale dato che nelle prequalificazioni per Europei e Mondiali mi è capitato di giocare contro avversari che disputano l’Eurolega e che, in circostanze abituali, non avrei mai affrontato.

Qual è il livello della nazionale albanese? 

Siamo in una fase di crescita e sviluppo, l’idea è rivoluzionare, affidarsi a un gruppo di cestisti molto giovani, all’ultimo raduno ha preso parte anche Viktorio Hida, che abbiamo appena affrontato con Crocetta: lui è un 2006, la Federazione vuole una ventata d’aria fresca. Facendo un discorso più ampio, e giocando a dividere il livello delle rappresentative mondiali in tre fasce, dico che nella prima ci sono ovviamente gli Usa e qualche nazionale che prova a competere con loro, come Serbia, Grecia e poche altre, poi c’è una seconda fascia, molto ampia, della quale fa parte anche l’Italia, subito a ridosso ci sono squadre come l’Albania, che come detto stanno crescendo. Un mese fa, nelle prequalificazioni ai Mondiali, abbiamo vinto in Austria: non capitava da 18 anni di vincere una partita in trasferta.

Nikola Ivanaj, in realtà, è nato a Varese…

Sì, la mia famiglia era arrivata dall’Albania qualche tempo prima, mia sorella ad esempio è nata in Albania e arrivata in Italia quando era piccolissima. Ho sempre vissuto in Italia, sono cresciuto a Varese, in Albania comunque ho molti parenti e torno là almeno un paio di volte all’anno, anche grazie ai raduni della nazionale.

Si sente più albanese o italiano?

Diciamo metà e metà. Prendo gli aspetti positivi che ci sono sia nell’una che nell’altra cultura: vivo da sempre in Italia, ma la famiglia mi ha trasmesso ovviamente anche usi e abitudini albanesi.

Cestisticamente, però, lei è varesino…

Sì, ho iniziato con la Robur, ho giocato due anni con loro, poi tutto il settore giovanile con la Pallacanestro Varese, dopo di che ancora Robur in prima squadra, in serie B.

A Varese aveva conosciuto anche il suo attuale compagno Jokic?

Balsa è arrivato a Varese nel mio ultimo anno di giovanili, quando il club ha aperto la foresteria ad alcuni ragazzi slavi. Non siamo stati proprio compagni di squadra, lui era più piccolo e a quell’età c’è un po’ di differenza per ovvi motivi, ma ci siamo comunque allenati assieme e ci conoscevamo già.

Come sarà, sabato prossimo, il ritorno a casa con la maglia della Mens Sana?

Campus ha un bel progetto, sono una squadra interessante, con tanti giovani di talento. Contro formazioni del genere, ogni gara rappresenta un’incognita: se prendono ritmo, se iniziano a giocare come sanno e si gasano, possono giocare una partita ai 100 punti e a quel punto diventa difficile portarla a casa.  Dovremo invece impostare il nostro ritmo, ripetere ciò che ci è riuscito con Crocetta, a quel punto possiamo fare la differenza.

C’è un Campus Varese con Assui, quello che vi ha messo in difficoltà all’andata, e un Campus Varese senza Assui, che proprio da quella partita del 22 febbraio manca all’appello…

Conosco Elisèe da quando era bambino, l’ho visto giocare fin da piccolissimo nelle giovanili di Varese, abbiamo un gran bel rapporto, anche con suo fratello Sofo che era mio compagno alla Robur: sta facendo buonissime cose in serie A, gli auguro di arrivare lontano, in Eurolega, perché davvero se lo merita, non solo come giocatore ma pure come persona. Sicuramente un giocatore che va ampiamente sopra i 20 punti di media in B fa la differenza, se non dovesse esserci sappiamo però che le squadre spesso si compattano in simili circostanze, insomma non dobbiamo comunque mai e poi mai abbassare la guardia.

La permanenza della Mens Sana in categoria è vicina?

Affrontiamo una partita alla volta, anzi un allenamento alla volta perché il lavoro che fai in settimana in palestra è ciò che ti permette di esprimerti meglio in gara. Ci stiamo allenando bene, il livello si è alzato, anche il coach ce lo riconosce sempre, probabilmente quando sono arrivato c’era ancora un po’ di delusione per la mancata qualificazione tra le prime sei squadre, però siamo tutti concentrati sull’obiettivo.

Niente tabelle di marcia, insomma?

Non stiamo disputando un playoff, o comunque una fase che mette in palio la promozione, nella quale le squadre che non hanno ambizioni, né potenzialità per arrivare in fondo, giocano abbastanza libere, e senza pressioni. In un playout si gioca per evitare la retrocessione e ogni squadra lotta partita dopo partita, insomma non ci si può rilassare, meno che mai mettersi a pensare a cosa succederà la settimana successiva o quella dopo ancora: fino a quando non saremo certi matematicamente della permanenza in categoria, non dobbiamo scalare mezza marcia neppure per sbaglio.  

In una stagione, le è capitato di indossare due maglie storiche e giocare davanti a tifoserie fuori categoria. Che impressione le fa?

Qualcosa di veramente incredibile, se pensiamo che è un campionato di B2. Penso che nessun’altra società abbia un seguito come lo hanno la Viola e la Mens Sana: qui a Siena, poi, ci sono addirittura gli ultras, e se una partita magari ci sono 200/300 persone in meno rispetto a quelle che vanno a vedere la squadra a Reggio, è come se ce ne fossero invece 1000 in più, per i cori e per l’ambiente che riescono a creare. Per chi difende questi colori è molto stimolante, penso anche all’impressione che fa agli avversari che vengono a giocare qui e sono di solito abituati a disputare partite davanti 50 persone, magari con zie e nonne al seguito. Detto in tutta sincerità, mi auguro che questo pubblico e questa città riescano quanto prima a raggiungere gli obiettivi per tornare il più in alto possibile.

Chi è Nikola Ivanaj fuori dal campo?

Una persona a cui piace fare cose semplici, uscire con gli amici, oppure farsi una passeggiata in tranquillità, magari nel verde e quando c’è una bella giornata di sole. Mi piace curare il fisico, frequento la sala pesi e sto facendo un corso per personal trainer: serve per staccare con la testa dal basket, ogni tanto, e può tornarmi utile anche in futuro.

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