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Siena

Montanari (Unistrasi): "Forse sarà Trump l'Attila che Leone XIV dovrà fermare"

Il rettore dell'ateneo senese: "E' americano ma la parte più bella del suo discorso l'ha fatta in spagnolo. Da bravo pontefice costruisce ponti e non muri"

Marco Decandia

15 Maggio 2025, 07:00

tomaso montanari

"Lo Spirito Santo soffia dove vuole: ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va". Così Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, commenta sugli schermi di La7 l’elezione di papa Leone XIV, primo pontefice americano della storia. Un evento che, secondo lui, segna una svolta profonda, non solo per la Chiesa ma per il mondo intero."

"E' la grazia di stato - osserva - quel misterioso passaggio per cui si entra in conclave da cardinale e se ne esce Papa, ma anche persona diversa. Vedremo che tipo di Santo Padre sarà, ma qualcosa è già evidente. La parte più toccante del suo discorso, secondo me, non l’abbiamo sentita: è quella fatta in spagnolo. Non ha parlato in inglese, ma nella lingua del Perù, il Paese che ha scelto come missionario. È stato un gesto di tenerezza e appartenenza verso quella comunità, nella lingua che è stata cancellata dal sito della Casa Bianca da Donald Trump".

Parlare in quell'idioma non è solo una scelta affettiva: è un messaggio. "Il Papa è il pontifex, il costruttore di ponti. E lui ha scelto subito di non alzare muri, ma di costruire legami. In un tempo in cui le chiusure sembrano prevalere, la sua voce ha evocato la possibilità di salvezza anche nel pericolo. Come scriveva Hölderlin, «Dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva». Forse, chissà, è proprio Trump l’Attila da fermare per questo nuovo Leone".

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Il paragone col predecessore è inevitabile, ma Montanari invita alla cautela: "Francesco è stato un Papa profetico, irripetibile: scelse un nome mai usato prima, senza numeri, perché non dinastico. Si affacciò alla loggia senza mozzetta, senza stola, si inchinò alla piazza. Questo nuovo pontefice è evidentemente diverso, ma potrebbe rappresentare un punto di consolidamento del cammino aperto da Bergoglio. Le differenze ci sono, ma non vanno enfatizzate: la Chiesa ha tempi lunghi, diversi da quelli del mondo. L’eredità di Francesco è profonda, e continuerà a fruttare".

Un altro segnale forte è l’accento sulla pace. "Non è solo un saluto liturgico" - sottolinea lo studioso - ma una visione del mondo. Ha parlato della pace tra i popoli come orizzonte universale, e questo si tradurrà tanto in diplomazia, con la rete della Santa Sede, l’azione della Segreteria di Stato, quanto in un magistero morale. Che non sarà americano, ma peruviano, quindi non riconducibile a un interesse nazionale. Cattolico, in fondo, significa proprio questo: universale".

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