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Delitto di Garlasco, il giudice Vitelli che assolse Stasi a Domenica In: "Criticità nelle investigazioni. Alibi, il tempo dell'omicidio, un caso paradigmatico di ragionevole dubbio"

Il giudice, che dichiarò innocente il fidanzato di Chiara Poggi poi ritenuto colpevole in terzo grado, analizza nuovamente la complessa vicenda

Caterina Iannaci

29 Settembre 2025, 13:54

Stefano Vitelli

Il giudice Stefano Vitelli a Domenica In

Il giudice Stefano Vitelli è tornato ad affrontare, ospite di Mara Venier ieri a Domenica In su Rai1, il caso Garlasco. Ricordando la sua decisione di assolvere Alberto Stasi, Vitelli sottolinea come «già si capiva che era un caso ambiguo, con delle stranezze forse irripetibili». Aggiunge infatti che «c’erano delle criticità nelle investigazioni: il computer… e probabilmente la scena del delitto non è stata conservata come meritava un caso così complesso. Per me è un caso paradigmatico di ragionevole dubbio».

Mara Venier

Il giudice spiega come in primo grado l’attenzione fosse correttamente concentrata su Stasi, mentre riguardo a Sempio «vi era solo un foglio di 5 righe in cui il ragazzo diceva una cosa un po’ bizzarra: ‘Volete sapere dove ero io quel giorno? A Vigevano in una libreria, vi faccio vedere lo scontrino che ho conservato’». Tuttavia, precisa Vitelli, «un giudice si deve fermare a questo, perché deve decidere sull’ipotesi accusatoria su Alberto Stasi, non deve andare a cercare altre strade».

La scena del crimine nella villetta di Via Pascoli a Garlasco

Non manca il dubbio sull’eventualità di più persone coinvolte nell’omicidio: «Fu ventilata soprattutto dal consulente di Stasi la possibilità che ci fosse una duplicità di aggressori. Secondo la ricostruzione dei RIS, l’aggressore avrebbe gettato il corpo di Chiara all’inizio della metà della scala della cantina, dove sarebbe rimasto un certo lasso di tempo per poi scivolare lentamente. Se Stasi non è più entrato nell’abitazione e racconta la scena come aggressore ma non come scopritore, ci si dovrebbe aspettare che descriva il corpo di Chiara all’inizio o a metà della scala, mentre invece lo descrive quando è in fondo. Lo scivolamento è avvenuto in modo graduale e lento. È una criticità importante in cui si insinua il dubbio: davvero Stasi non è più entrato in quella abitazione?».

Rivedi qui la puntata completa

Vitelli si concentra anche sull’alibi di Stasi: «Al tempo Stasi non aveva un alibi, ma poi è risultato che nelle ore centrali della mattinata aveva lavorato con continuità e impegno intellettuale sulla tesi, che doveva revisionare. Pensate alla complessità logica di dire che avrebbe ucciso Chiara 10 minuti prima per poi mettersi a lavorare alla tesi… La finestra temporale principale dell’azione è quella dei 23 minuti, dalle 9:13 alle 9:35, ossia dal momento in cui è stato disattivato l’allarme». Ricorda poi «gli alibi normalmente si verificano o si falsificano all’inizio delle indagini. In ogni romanzo o film si vede il poliziotto chiedere subito: ‘Ma lei dov’era?’ Lo verifichi e regoli le indagini. L’alibi di Stasi invece si è verificato circa due anni dopo perché accessi scorretti dei carabinieri avevano compromesso la memoria del computer; sembrava quindi che quanto detto non fosse vero. Solo con la perizia in primo grado si scoprì che aveva detto la verità. Se si fosse verificato prima, Stasi sarebbe rimasto indagato ma forse avrebbe portato a indagare con maggiore impegno altri soggetti».

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