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A Quarta Repubblica in collegamento il giudice Vitelli
«I 23 minuti sono di problematica compatibilità». Sono le parole di Stefano Vitelli, il giudice che in primo grado, nel 2009, assolse Alberto Stasi dall’accusa dell'omicidio di Chiara Poggi. Il magistrato è intervenuto a Quarta Repubblica ribadendo i motivi che lo hanno portato a prosciogliere Stasi, poi finito condannato in terzo grado a 16 anni. Al giudice restano ampi dubbi sulla dinamica dei fatti e sulle tempistiche.
«23 minuti sono di problematica compatibilità, non è matematicamente impossibile – ha detto Vitelli – ma in una dinamica omicidiaria che non si è concretizzata in un atto unico – non è stato un colpo di pistola – e in una dinamica che fra Alberto e Chiara si deve immaginare caratterizzata da un litigio particolarmente violento – quando c’è stato? la sera prima, la mattina dopo? Ci vuole tempo. E l’arma? – è un altro degli interrogativi – poi bisogna considerare anche il tempo per disfarsene e ripulirsi: 23 minuti sono davvero pochi».
Stefano Vitelli è il giudice che ha pronunciato la sentenza di primo grado nel processo per il delitto di Garlasco, nel quale Alberto Stasi era imputato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Vitelli, all’epoca GUP presso il Tribunale di Vigevano, assolse Stasi il 17 dicembre 2009 ritenendo le prove contraddittorie, insufficienti e priva di movente l’accusa, applicando il principio del ragionevole dubbio. L’assoluzione fu confermata in appello nel 2011, poi annullata dalla Corte di Cassazione nel 2013, con successiva condanna definitiva di Stasi a 16 anni stabilita nel 2015.
Alberto Stasi
Vitelli, nato nel 1974, ha una formazione giuridica di alto livello, laureato con il massimo dei voti e con esperienza come giudice sia civile sia penale in vari tribunali, tra cui Vercelli, Vigevano e Torino. È noto per essere un magistrato rigoroso e garantista, che ha più volte ribadito l’importanza del principio del ragionevole dubbio nel processo penale.
Vitelli ha dichiarato di non considerare una sconfitta la decisione di assolvere Stasi in primo grado, ma una vittoria dello Stato di diritto, poiché per lui non c’erano prove sufficienti per una condanna oltre ogni ragionevole dubbio. Ha evidenziato che alcuni elementi fondamentali del processo, come l’alibi informatico e le impronte senza tracce ematiche, lasciavano molte ambiguità e dubbi. Attualmente svolge funzioni giudiziarie presso il Tribunale di Torino, occupandosi anche di ruoli di GIP/GUP.
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