L'inchiesta
Fiorenza Sarzanini a Corriere Tv
Nel corso dell’incontro “Le Conversazioni del Corriere” del primo ottobre su Corriere Tv, Fiorenza Sarzanini, autorevole giornalista, fra le penne più importanti di cronaca nera e giudiziaria, e vice direttrice del Corriere della Sera, ha risposto alle domande degli abbonati offrendo un’analisi approfondita e stimolante sul caso Garlasco e le sue implicazioni più ampie.
“Non credo sia stato un delitto premeditato – ha spiegato Sarzanini – ma piuttosto un delitto d’impeto, forse legato a un rifiuto o a una lite. Le zone d’ombra restano numerose, e anche se esiste una sentenza definitiva, è giusto cercare la verità, con rispetto per la giustizia e per la famiglia di Chiara”. La recente riapertura delle indagini, chiesta dalla difesa di Stasi, nasce dai “buchi” dell’inchiesta iniziale, con nuovi elementi emersi grazie a tecniche investigative più avanzate. Tra questi, lo scontrino di un parcheggio che potrebbe aver fornito un falso alibi e la possibile presenza di Dna maschile non riconducibile a Stasi sulla scena del crimine.
Sarzanini ha però sottolineato che “per ora contro Sempio non ci sono prove, ma solo indizi. Se ci fossero state prove concrete, sarebbe stato già arrestato”. E proprio Andrea Sempio, di nuovo al centro dell’attenzione, “fu improvvisamente estromesso dall’indagine – ricorda la giornalista – nonostante ci fossero elementi che potevano pesare su di lui. Uno su tutti questo famoso scontrino che un anno dopo fu trovato a casa sua e che lui usò per dimostrare il proprio alibi, sostenendo che era lontano chilometri quando è avvenuto il delitto".
Il nuovo sviluppo più sorprendente riguarda proprio lo scontrino: “In realtà – continua Sarzanini – non apparteneva a Sempio, ma gli fu dato dalla madre da un amico. Perché portare uno scontrino come prova di alibi, che in realtà è falso? Sei spaventato perché avevi rapporti non trasparenti con Chiara e temi di essere implicato? Si tratta di un comportamento sospetto su cui i magistrati stanno approfondendo".
Andrea Sempio e Alberto Stasi
Il caso Garlasco rappresenta anche un esempio emblematico delle difficoltà del sistema giudiziario italiano. Tre gradi di giudizio, due assoluzioni e infine una condanna definitiva in Cassazione, nonostante il procuratore generale avesse espresso dubbi sulla solidità dell’impianto accusatorio. “Il principio del ragionevole dubbio – osserva Sarzanini – non è stato rispettato. Ma la revisione della sentenza richiede elementi nuovi e forti, che finora non ci sono stati.” In caso di ribaltamento, Stasi potrebbe richiedere un risarcimento per ingiusta detenzione, potenzialmente molto alto. Ma, avverte la giornalista, “se bastasse denunciare un’altra persona per ottenere la revisione, perderemmo la certezza del diritto".
Un tema particolarmente delicato è il dolore della famiglia Poggi, da sempre convinta della colpevolezza di Stasi e oggi chiusa a nuovi scenari: “La loro posizione va rispettata – sottolinea Sarzanini –. Pensiamo al dramma che comporterebbe scoprire che l’assassino potrebbe essere stato un amico di famiglia, accolto nella loro casa. Nessuno può giudicare il loro atteggiamento.” Allo stesso tempo, le cugine della vittima, le sorelle Cappa, sono tornate alla ribalta per alcune dichiarazioni criptiche. “Furono già sentite – conclude Sarzanini – e probabilmente lo saranno ancora. Se avranno un ruolo, lo sapremo. Altrimenti, non è giusto esporle mediaticamente".
Chiara Poggi
Il caso Garlasco si conferma un banco di prova per i rapporti tra giustizia, informazione e opinione pubblica. “I social amplificano tutto, spesso con superficialità, ma non sono l’unico problema. Dobbiamo dare notizie senza alimentare spettacolarizzazione – dice Sarzanini –. Anche noi giornalisti siamo influenzati dai social. Tuttavia, non possiamo smettere di fare domande e raccontare ciò che accade".
Infine, si allarga anche l’inchiesta sulle presunte corruzioni: l’ex procuratore Mario Venditti è indagato per un presunto pagamento tra 20 e 30 mila euro, forse legato alla rimozione di Sempio dall’indagine. “Non so se sia vero – ammette Sarzanini –. Ma che ci siano indagini è doveroso. Il problema non è quanti soldi, ma che un procuratore possa aver abusato del suo ruolo.” Indagare un caso chiuso da anni comporta costi importanti. “Paga lo Stato, quindi tutti noi – conclude la giornalista – ma se questi fondi servono per arrivare a una verità più certa, vanno considerati un investimento nella giustizia.”
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