Il caso
Chiara Poggi e Alberto Stasi
Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, mantiene il regime di semilibertà dopo il rigetto del ricorso della Procura di Milano da parte della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha confermato l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che aveva autorizzato il beneficio, riconoscendo la positiva evoluzione del detenuto.
Alberto Stasi
La prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Giuseppe Santalucia, ha respinto il ricorso della Procura generale di Milano contro l’ammissione di Stasi al regime di semilibertà disposta il 9 aprile. Il provvedimento era stato contestato in particolare a causa di un’intervista televisiva rilasciata nel marzo di quest'anno dal detenuto durante un permesso premio. Nello specifico Stasi fu intervistato a Le Iene, affermando "Gli innocenti non scappano. Sto vivendo tutto questo con fiduciosa attesa, anche per Chiara Poggi”.
Il Tribunale di sorveglianza ha valutato attentamente il percorso trattamentale di Stasi, rilevando un’evoluzione favorevole di personalità e una progressiva risocializzazione pienamente convalidata dagli operatori penitenziari. La Cassazione ha sottolineato che tale valutazione è immune da vizi del ragionamento logico e supera il vaglio di legittimità.
La scena del crimine nella villetta di Via Pascoli
Sul punto specifico dell’intervista, la Corte ha rilevato che il Tribunale ha “specificamente valutato, in chiave trattamentale, l’esistenza dell’intervista”, ma ha concluso che il suo rilascio non violava le prescrizioni legate al permesso premio né comprometteva il percorso riabilitativo. La Cassazione ha riconosciuto che i toni e i contenuti sono stati verificati tramite la Direzione penitenziaria e rientravano nei limiti previsti.
La sentenza riconosce comunque l’esistenza di criticità residue di personalità, in particolare la tendenza dell’interessato ad autoproteggersi e ad accreditare all’esterno un’immagine positiva della propria persona. Tuttavia, questo aspetto è stato interpretato come parte di un recupero graduale di autostima che richiede ulteriori verifiche concrete, ma non inficia il valore trattamentale complessivo.
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