L'inchiesta
La scarpa a pallini torna centrale nell'indagine sull'omicidio di Garlasco
La nuova perizia sulla scarpa n. 42 riapre il caso Garlasco, puntando i riflettori su Andrea Sempio e mettendo in discussione le certezze del processo che condannò Alberto Stasi. L’inchiesta, ormai diventata un caso giudiziario nazionale, si è trasformata in un vortice di rivelazioni, accuse e indagini parallele che minacciano di svelare un sistema di potere a Pavia. Lo scrive Il Giornale.
Le scarpe al centro del mistero
L’impronta nel sangue di Chiara Poggi, ritenuta fino a oggi una prova incontrovertibile a carico di Stasi, potrebbe non escludere Andrea Sempio come sospettato, ipotizza ancora il quotidiano. Durante il primo processo, si affermò che l’impronta fosse di una scarpa numero 42, compatibile con quella di Stasi, mentre Sempio dichiarò: “Io porto il 44”. Tuttavia, una perizia segreta della difesa Stasi – ora in possesso della Procura di Pavia – suggerisce che la scarpa Frau, con suola prodotta nelle Marche, potrebbe adattarsi anche a un piede più grande. Non si afferma con certezza che l’impronta sia di numero 44, ma si apre un margine di incertezza sufficiente a riaprire il fascicolo.
Andrea Sempio e Alberto Stasi
È su questa base che il procuratore Fabio Napoleone ha convinto la Cassazione a riaprire le indagini su Sempio, archiviate nel 2017 da Mario Venditti. Il nuovo documento, composto da analisi tecniche e testimonianze, è stato inserito tra gli elementi probatori per riattivare il caso. Da quel momento, l’inchiesta ha preso una piega esplosiva, coinvolgendo non solo il delitto di Garlasco, ma anche un presunto sistema corruttivo a Pavia.
L’ex procuratore Mario Venditti è ora indagato a Brescia per corruzione e peculato, con accuse di aver insabbiato l’indagine su Sempio per 40mila euro. Quando finanza e carabinieri hanno perquisito la sua abitazione, sequestrando telefoni e computer, Venditti si sarebbe offerto di consegnare le password solo se gli fosse stato garantito che le indagini si sarebbero concentrate esclusivamente sul caso Garlasco. La richiesta è stata respinta, e i dispositivi restano sotto sequestro, pronti per essere analizzati. Proprio dai telefoni del colonnello dei carabinieri Maurizio Pappalardo, perquisito in un’indagine collaterale, emersero due anni fa le prime tracce di malaffare a Pavia.
L'ex pm Mario Venditti
Le procure di Brescia e Pavia stanno coordinando indagini parallele con gli stessi investigatori e ritmi serrati. Il legale di Venditti, Domenico Aiello, ha annunciato l’intenzione di chiedere l’unificazione dei fascicoli in un unico maxiprocesso a Brescia, che includerebbe non solo il delitto di Garlasco, ma anche le vicende legate a “donne, Porsche e tartufi” del cosiddetto “sistema Pavia”. Parallelamente, la patologa Cristina Cattaneo sta lavorando a un’autopsia virtuale della vittima per ricostruire con precisione modalità, intensità e durata degli attacchi.
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